I numeri parlano chiaro. La green economy è uno dei pochissimi settori ad avere il segno più. Ecco perché puntare su fisco verde e eco-finanza.
 
I pochi, deboli segnali di ripresa provengono oggi dalla green economy. Ecco perché è necessario una revisione del fiscal compact e la creazione di strumenti finanziari e di una nuova fiscalità ecologica a livello europeo. È quanto emerso dal convegno “Imprese e lavori green per una green economy”, appuntamento annuale promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

“Le imprese green e i green jobs – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione -, stanno facendo i conti con la crisi, anche se alcuni indicatori ci dicono che l’economia verde ha resistito meglio dell’economia tradizionale. Ma le politiche europee durante questa crisi sono state largamente carenti e stanno alimentando sfiducia e euroscetticismo”.

Il segno più della green economy. Nonostante il trend degli indicatori economici sia negativo, la green economy mostra molte positività. Secondo i dati forniti dalla stessa Fondazione, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è passata da 58.164 GWh del 2008 a 108.500 GWh del 2013 (il fotovoltaico è passato da 193 a 22.400 GWh), anche se sono calati gli investimenti passati da 23,66 miliardi del 2011 a 4,5 del 2013. I risparmi energetici fatti grazie alla detrazione del 55% tra il 2007 e il 2012 sono stati di 8899 GWh, ma tra il 2010 e il 2012 sono diminuiti del 55%.

Il valore economico dei prodotti biologici acquistati in Italia continua a crescere dal 2008 anche se dal 2010 la crescita è rallentata. Tra il 2008 e il 2012 diminuiscono i passeggeri e le merci trasportate, ma aumentano i passeggeri del trasporto pubblico locale. In calo le registrazioni Emas, da 248 del 2008 a 75 nel 2013. In calo, tra il 2008 e il 2012 la produzione di rifiuti e in aumento la raccolta differenziata (da 9.933 Kt a 11.965) e la percentuale di imballaggi inviati al riciclo (dal 60% al 67%). Mentre tra i numeri negativi crollano gli stanziamenti dello stato per l’ambiente da 1.832 milioni del 2008 a 828 del 2012 fino a 605 milioni nelle previsioni di competenza del 2014.

Ecco perché si chiede di prevedere un alleggerimento del peso debito pubblico tenendo bassi i tassi di interesse, l’aumento della liquidità per i nuovi investimenti con un ruolo più attivo della BCE come banca centrale e la possibilità di utilizzare gli eurobond per finanziare gli investimenti per l’eco-innovazione senza pesare sul debito pubblico. Necessaria inoltre una riforma fiscale ecologica europea che riduca il prelievo su lavoro e imprese, aumentadolo su inquinamento e consumo di risorse, così da rilanciare uno sviluppo pulito a maggiore occupazione.

“Il mondo della green economy dovrebbe chiedere  la revisione del fiscal compact, perché far prevalere tetti e vincoli provoca riduzione della ricchezza e di conseguenza delle entrate fiscali, aumento della spesa sociale e conseguente aumento del debito pubblico”.

 

Fonte: Life Gate - Rudi Bressa