Patrizia Grieco, neo presidente dell’Enel e una lunga carriera da capo azienda prima in Italtel, poi in Siemens e Olivetti.

Le donne chiamate ai vertici dei gruppi pubblici e delle istituzioni stanno disegnando una nuova leadership in Italia?
«Siamo di fronte a un’occasione straordinaria. L’incoraggiamento legislativo, con le cosiddette quote di genere, e le nomine volute dal governo Renzi, mettono le donne in grado di diventare veri e propri agenti del cambiamento».

Possiamo parlare di donne e potere o questo binomio è ancora tabù?
«Le cose stanno cambiando rapidamente, ma certo le donne hanno fin qui diffidato del potere, quando non ne hanno avuto paura, per un retaggio culturale tra i più pesanti e penalizzanti per l’intera società. Il potere non è buono o cattivo. Dipende da come lo usi».

Proposte?
«Bisogna cambiare la percezione di chi è destinatario delle azioni di quel potere. Di chi sente solo un effetto avverso, un contrasto ai diritti. La parola chiave è discontinuità. Solo chi non ha potuto partecipare avrà uno sguardo nuovo e una forza innovatrice. Che poi è il cuore della questione: superare le stratificazioni corporative e aprire al merito, ai giovani, ai talenti, siano essi femminili o maschili».

 

Non vorrà nasconderci il fatto che le donne che approdano nei consigli di amministrazione o salgono al vertice pagano ancora un prezzo alla cooptazione, alla «graziosa concessione»?

«La sociologa Chiara Saraceno parla efficacemente di antitrust, di “cartello” del potere che cerca di conservare, di proteggere lo status quo. Io dico che il nostro compito primario è il rinnovamento, il ricambio generazionale. Se non assumiamo il ruolo di agenti del cambiamento veniamo meno alla nostra missione».

 

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