Cultura, ricerca, sviluppo

Italiani poco colti? A Londra e New York si va alle mostre assieme ai figli piccolissimi. Così familiarizzano con l'arte. Perché i beni culturali bisogna farli amare.

Se mai vi capitasse di assistere a una commedia, un'opera o anche un musical in un teatro di Londra o di New York, scoprireste che il pubblico vi è arrivato, nella maggior parte dei casi, direttamente dall'ufficio, dal bancone del bar o dalla cassa del supermercato. Cioè con un sacchetto della spesa, lasciato naturalmente al guardaroba, ma pronto per essere portato a casa alla fine dello spettacolo, dove ci si reca con la stessa naturalezza con cui si prende un aperitivo al bar. Gli abiti eleganti sono pochissimi, indossati per le grandi occasioni.

La stessa cosa succede nei musei: la domenica vi arrivano famiglie intere, con tutti i bambini al seguito compresi i piccolissimi che vengono sospinti nel passeggino fra le varie sale e che non hanno modo di comprendere, ma prendono confidenza con il luogo e con le sue atmosfere.

Ci sono diversi americani ma anche due ricercatori italiani tra i vincitori degli Eni Awards, i premi che Eni assegna agli studi scientifici più importanti nel campo dell’energia e dell’ambiente. L’ambizione è di farne dei Nobel dell’energia, e allora non può che riempirci di speranza il successo di Martina Siena, 29 anni, e Nicola Bortolamei, 30 anni, premiati per nella sezione Debutto alla ricerca dedicata ai dottori italiani under 30. Dopo aver ricevuto il riconoscimento al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, li abbiamo sentiti per farci raccontare cosa hanno fatto e cosa faranno. 

Una geografia accademica spaccata in due, con i risultati più brillanti che si concentrano negli atenei del Centro-Nord e le difficoltà maggiori che si addensano al Sud. L'immagine viene confermata dalle nuove classifiche sulla «qualità universitaria», pubblicate sul Sole 24 Ore di ieri, che dietro le eccellenze di Verona e Trento, o le ottime performance di Bologna, Padova e della Bicocca di Milano vedono affollarsi le università settentrionali, confinando nelle parti basse le strutture del Sud. La situazione generale non cambia se si guarda solo alla condizione della ricerca, in cui si affacciano però importanti eccezioni: Salerno, prima di tutto, che con un punteggio medio di 72 su 100 ottenuto nei tre parametri stacca anche importanti università del Nord e guadagna posizioni nella classifica generale dove occupa il gradino numero 22, ma anche l'Orientale di Napoli, Catanzaro e l'università beneventana del Sannio ottengono risultati importanti.

Nel ciclone della crisi, con il sistema produttivo italiano che arranca, arretra, c'è un unico pilastro solido sul quale costruire il futuro: la cultura. E non si tratta della solita affermazione di principio. Ma di una verità economica sostenuta da dati e cifre. Perché, nel 2013, la nostra industria culturale ha mosso 214 miliardi di euro e l'export del settore ha raggiunto un attivo di 25 miliardi. La fruizione della bellezza, il made in Italy, quell'enorme patrimonio rappresentato dal turismo. Settori di investimento in grado di generare un effetto moltiplicatore: perché per ogni euro messo lì ne ritorna 1,67. Parte da qui, "Io Sono Cultura", lo studio di Symbola e Unioncamere  che sarà diffuso oggi alla presenza del ministro Dario Franceschini. Uno studio che rivela anche quali sono le province e le regioni più produttive dal punto di vista dell'economia della cultura. E qui le sorprese non mancano.