Cristina Scocchia, 40 anni: «Presto lavoro flessibile . Sono una mamma imperfetta, faccio del mio meglio».

Cristina Scocchia, 40 anni, di cui gli ultimi 16 in Procter & Gamble, da gennaio è il nuovo ceo di L’Oréal Italia. 

Come fa una donna giovane e mamma a far carriera in tempi record e arrivare alla guida del leader mondiale dei cosmetici in uno dei suoi mercati più importanti? 
«Non ho nessun segreto, ma ho potuto contare su 4 fattori chiave. Innanzitutto, ho lavorato per due multinazionali che credevano nel talento. Ho trascorso 13 anni della mia vita e della mia carriera all’estero, in un ambiente multiculturale. Terzo: ho sempre pensato che il lavoro di squadra fosse più importante del successo individuale. Infine, ci ho creduto e mi sono impegnata, perché il talento è importante, ma poi bisogna dare il meglio di sé».

Un consiglio a una giovane donna per fare carriera in un’azienda importante?
«Fare un’esperienza all’estero, per studio o lavoro, è un acceleratore che arricchisce in qualsiasi ambito, non solo nel management».

Dopo 13 anni in Svizzera per P&G, dove negli ultimi anni era responsabile del brand Max Factor a livello internazionale, com’è il rientro in Italia? 
«Molto affascinante. L’Italia è uno dei 5 mercati più importanti per L’Oréal, ma soffre come tutto il Sud Europa. Per me è una bella sfida. L’Oréal va molto bene a livello mondiale, e punta a conquistare un miliardo di nuovi consumatori entro la fine del decennio. Il mio obiettivo? Riportare alla crescita la filiale italiana: è in flessione dal 2009 e ha chiuso il 2013 con un altro segno meno, perché la crisi ha colpito tutto il Paese, compreso il segmento della bellezza». 

Qual è stato l’impatto?
«La cosmesi in generale l’anno scorso ha registrato 400 mila nuovi consumatori, che però spendono meno. Perciò il mercato è cresciuto dello 0,1% in volume ma è calato dell’1,3% in valore. E a soffrire di più è stato il settore professionale: si va meno dal parrucchiere». 

Qual è la strada per ritrovare la crescita?
«Servono tre condizioni: dobbiamo insistere sulla nostra “strategia dell’universalizzazione”, che consiste nel prendere un marchio globale e adattarlo al consumatore locale; dobbiamo puntare sui marchi ai quali i clienti sono rimasti fedeli; infine, dobbiamo semplificare e modernizzare i processi per liberare risorse da investire per crescere sia a livello organico che attraverso nuove acquisizioni, e conquistare di nuovi consumatori. Dai segnali che abbiamo, crediamo che il 2014 sarà un anno di ripresa».

In Cina L’Oréal ha tolto Garnier dal mercato. In Italia a quali marchi toccherà? 
«Fermeremo le vendite di Sanoflore, finora distribuito in farmacia. E, nella seconda metà dell’anno, elimineremo altri brand».

Ha parlato di semplificazione e modernizzazione dei processi: riguarderà anche l’organizzazione del lavoro? Che cosa pensa dello smartwork? 
«Serve più enfasi sui problemi concreti per aiutare le donne di talento a conciliare lavoro e famiglia. A L’Orèal conto di introdurre al più presto progetti di smartwork , lavoro flessibile e part-time, che c’è già ma non è molto diffuso. Discuterò con i sindacati per fissare un certo numero di giorni nei quali una donna può lavorare da casa o da un’altra sede. Una legge per lo smartwork ? Non mi piace che tutto venga imposto per legge, ma può essere utile per dare uno scossone al sistema. Però invece di nuova burocrazia sarebbe meglio avere incentivi per le aziende e buoni esempi».

E lei come concilia i ruoli di mamma, moglie e donna in carriera? 
«Non credo a wonder woman. Per me il lavoro non è la cosa più importante, ma è importante. Sono una mamma imperfetta, che ha dovuto rinunciare a qualcosa. Però cerco di esserci nei momenti chiave: non mi perdo la recita, ma non posso accompagnare mio figlio a scuola tutte le mattine. Credo che sia importante avere un network: io ho una tata fissa, ma non esito a chiedere aiuto ai miei genitori, che vivono a Sanremo, ad esempio quando vado all’estero per lavoro. Mio marito? È italiano, ma fa il cardio-chirurgo in Svizzera, adesso ci vediamo nel fine settimana: facciamo i pendolari una volta a testa».

Fonte: Corriere della Sera