Tina Brown: “Dove la parità non c’è, va male l’economia”
Arrivo al Lincoln Center di New York in occasione del quinto incontro di «Women in the World». Alle dieci di mattina il teatro è affollato come per la prima di un’opera. In due giorni e mezzo al Lincoln Center donne straordinarie di tutto il mondo esprimono il loro punto di vista, le loro preoccupazioni, i loro propositi. Si parla dell’informazione vista attraverso gli occhi di una donna.
Diane Von Furstenberg, Tina Brown, l’ambasciatore americano presso le Nazioni Unite Samantha Power (la più giovane in assoluto) parlano con orgoglio dell’evento. La sera prima all’Onu il Dvf Award (50 mila dollari), è stato dato per il quinto anno ad alcune donne eccezionali per il lavoro, il coraggio nel lottare per esistere. «Donne capaci di trasformare la loro lotta in leadership», dice Diane Von Furstenberg e lo ripeterà più tardi, intervistata sul palco.
Tina Brown intervista l’ambasciatore Power, una giornalista che ha vinto il premio Pulitzer. Parlano di Uganda, di Siria, della situazione dei gay in Africa, di terrorismo, dell’Ucraina e dell’Africa centrale. Poi, due donne indiane introdotte da una breve lettura di Uma Thurman, raccontano la loro disperazione per la condizione delle donne indiane e l’atrocità degli stupri impuniti. Per loro è stata una grande opportunità poter parlare in pubblico.
Tina Brown, lei ha lasciato il giornalismo attivo per dedicarsi interamente a «Women of the World»?
«Sì. Credo che il giornalismo oggi sia giornalismo-spettacolo, che mescola le storielle e la curiosità per gli eventi del giorno. Oggi la gente non vuole leggere di Ruanda, Siria, India... Si parla solo di ciò che luccica».
Come è andata quest’anno?
«La prima sera abbiamo avuto Ruslana, la cantante pop ucraina leader delle proteste di Kiev. E poi Hillary Clinton e Christine Lagarde. Donne molto intense ed emozionanti. Ogni anno cerchiamo di avere alcune delle donne che ispirano il mondo, dalle rifugiate siriane a un gruppo di donne provenienti dall’Egitto, dalla Tunisia, dallo Yemen e dall’Iraq. È stato nostro ospite anche l’ex presidente Jimmy Carter, che ha parlato del suo nuovo libro dedicato alle donne».
Pensa che tra le donne ci sia più solidarietà rispetto agli uomini?
«Gli uomini sono abituati ad avere le luci della ribalta. Le donne non hanno ancora quest’opportunità».
Cosa sta facendo adesso?
«Sto sviluppando Women of the World in diversi luoghi del mondo: Los Angeles, Chicago, India, Brasile, Londra, naturalmente su scala minore».
Chi vi sostiene?
«Riceviamo donazioni da grandi sponsor come Bank of America, At&t, Coca Cola».
Organizzate solo eventi?
«Abbiamo avuto 510 milioni di tweet. I social media sono una potenza».
Le manca il giornalismo tradizionale?
«Amo le riviste ma sono rimasti solo due o tre posti disponibili. È diventato un mestiere difficile. Mi è piaciuto molto dirigere The New Yorker e The Daily Beast».
Si considera femminista?
«Sono interessata al movimento nel suo complesso, ma non voglio essere definita femminista. Però adoro queste donne e mi piace portarle alla ribalta».
Lavora a stretto contatto con Diane Von Furstenberg?
«È lei a dare il Dvf Award ed è molto impegnata».
Pensa che ora le donne siano più forti?
«Oggi all’università ci sono più donne che uomini, ma ancora non hanno lo stesso stipendio e nel mondo c’è ancora troppa violenza nei loro confronti. Ma nei Paesi in cui le donne vengono oppresse l’economia va male».
Ora però ci sono molte donne in posti chiave, anche nel mondo economico?
«Sì, è uno dei motivi per cui in Giappone vogliono promuovere le donne. Come ho detto, reprimere le donne è un danno per l’economia».
Ma le donne hanno fatto molta strada fino ad ora?
«Sì, ma ce n’è ancora molta da percorrere. Non ci sono abbastanza donne in politica a Washington. Se ce ne fossero state di più forse non avremmo avuto una guerra in Iraq».
Ci sono delle donne, come ad esempio l’ambasciatore Samantha Power, che sono molto potenti...
«Sì, l’ambasciatore Power ha un sacco di carisma, ha autorità intellettuale. In Italia c’è una donna molto speciale che abbiamo invitato nel recente passato: Emma Bonino».
Quale altra donna le piacerebbe invitare il prossimo anno?
«Mi piacerebbe avere qui Angela Merkel. L’Europa è nelle sue mani».
La regina d’Inghilterra?
«Non rilascia interviste, ma è fantastica, una donna straordinaria».
Cosa ne pensa di Papa Francesco?
«Amo il papa. Non ho mai desiderato essere cattolica prima che il Papa iniziasse a parlare. Ora, se viene qui a New York, deciderò se diventare cattolica. Ma ora devo andare a riposare, perché abbiamo lavorato tanto e dormito poco e sono davvero esausta».
Fonte: La Stampa - Alain Elkann