Con i nuovi studi di settore appena emanati, peggiora la situazione di molte piccole e micro imprese. Da una prima simulazione realizzata dall'Unione artigiani di Milano utilizzando gli stessi parametri aziendali dello scorso anno emerge infatti che gli sgravi anticrisi non compensano l'aumento dei presunti ricavi minimi da congruità operato con gli studi di settore in vigore per la dichiarazione dei redditi di quest'anno.
 
L'aumento è particolarmente sensibile per le imprese di servizi. "Così i piccoli imprenditori - spiega il segretario dell'Unione artigiani Marco Accornero - si troveranno a versare Iva mai incassata e tasse su ricavi che lo scorso anno non hanno avuto: i parametri di quest'anno, infatti, anche dopo l'adozione di tutti i correttivi anticrisi previsti,  aumentano i ricavi minimi soggetti a tassazione di una percentuale media che va dall'8 al 10% a parità di dati di riferimento con lo scorso anno". Nel dettaglio, ad essere maggiormente penalizzate risultano essere le aziende del settore dei servizi (ad esempio idraulici, elettricisti, edili, acconciatori, estetiste, installatori) rispetto a quelle di produzione. Senza contare che anche quest'anno si tratta di una sorpresa dell'ultimo momento: "I modelli degli studi di settore dovrebbero essere definiti e comunicati addirittura nel dicembre dell'anno precedente rispetto alla denuncia dei redditi (i correttivi anticrisi sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale solo il 16 giugno). Un impegno che continua a non essere rispettato e i nostri artigiani continuano a rendersi conto dei trovarsi pesanti adeguamenti a pochissimi giorni dalla scadenza dei pagamento". 
 
Insomma, aggiunge Accornero, anche se il decreto Sviluppo varato dal Consiglio dei ministri da una parte può rappresentare "un primo passo verso una politica di rilancio delle attività produttive in Italia", in particolare per "le misure come le agevolazioni fiscali per i lavori di ristrutturazione, di riqualificazione energetica, le semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l'esercizio dell'attività edilizia e il ripristino dell'Iva per le cessioni e le locazioni di nuove costruzioni, che possono rappresentare una boccata d'ossigeno", tutto ciò non può bastare. E spiega: "Non si può dare con una mano e togliere con l'altra: sulle piccole e micro imprese così continuano a gravare nuove forme di imposta o comunque costi che le mettono continuamente a rischio. Ecco perché chiediamo nuovi interventi che riducano la pressione fiscale e sostengano gli investimenti. L'artigianato è stato duramente colpito dalla crisi, solo a Milano lo scorso anno ha fatto ricorso a quasi un milione di ore di cassa integrazione (947.198). Per questo crediamo che questi meccanismi di presunzione fiscale, che abbiamo sempre ritenuto non corretti e inopportuni, non facciamo altro che penalizzare uno dei settori che comunque ha cercato di reagire a questi tre anni difficilissimi". "Già negli anni scorsi - conclude il segretario generale - oltre il 40% delle imprese artigiane è risultata sotto i parametri e solo una su tre si è adeguata. Le altre hanno scelto di rischiare l'indagine fiscale perché non la temono, sono sicure di poter dimostrare le loro ragioni. Questo vuol dire che se l'obiettivo degli studi di settore è quello di scovare l'evasione fiscale, c'è qualcosa che non va nel meccanismo e nello strumento adottato perché di fatto chiede più imposte per redditi non ottenuti".

Fonte: Unione Artigiani della Provincia di Milano