altDal 3 maggio, Banca Prossima lancia il primo esperimento di prestito sociale in Italia. Nome: «Prestobene». Da un lato i cittadini che intendono dare (a interesse) per cause sociali. Dall'altro organizzazioni in cerca di finanziamenti a tassi sostenibili. In mezzo l'istituto di credito che seleziona, si assume il «rischio default» (sarà l'ultima a recuperare il credito in caso di insolvenza), dà il calcio d'avvio alla partita con il primo finanziamento, fornisce la piattaforma elettronica Terzo valore dove si fa asta tra domanda e offerta per il resto del match.


Il sito diventa una piccola borsa virtuale. Le organizzazioni pubblicizzano i progetti e chiedono contributi, e così facendo misurano il proprio valore reputazionale. I cittadini giudicano innanzitutto se la causa è "buona" e in seconda battuta se il tasso di remunerazione proposto è adeguato al rischio (e alla reputazione). «Chiariamo subito: non si parla di donazioni» dice Morganti. Semmai di una forma di investimento. Qualcosa di simile a un bond sociale. «Il titolo non è ovviamente negoziabile - continua Morganti - e questa è una differenza. L'analogia sta nel fatto che esiste una vera contrattazione tra domanda e offerta. Sul tasso».

I dati dicono che questo popolo di donatori o investitori per buona causa c'è, ma nell'Italia sotto sforzo è come un ciclista in fuga sul Mortirolo. Quindici milioni sono i donatori regolari, 9 quelli saltuari. Secondo i dati Gfk Eurisko e dell'Istituto della donazione si tratta in maggioranza di donne, di età compresa tra i 35 e i 54 anni. E' un popolo che decide per passaparola (38%), si informa sui risultati di ciò che dona (61%), ha in genere status e istruzione elevati (45%). Ma dona, per necessità, poco: 148 euro all'anno i donatori abituali, 48 quelli saltuari. E ha sentito il morso della crisi: tra 2009 e 2008 il 37% delle organizzazioni operanti nel sociale lamenta una contrazione nei fondi ricevuti dagli italiani.

«La nostra sfida è fidelizzare i donatori saltuari, e rendere prestatori i donatori» continua Morganti. Che immagina una frontiera di prestiti sociali destinati a grandi opere condotte a più mani: «Somma di partnership tra organizzazioni diverse per favorire dialogo e sinergia in un mondo, quello del sociale, di solito refrattario a queste parole d'ordine».


Fonte e articolo integrale: Il Sole 24 Ore
(pubblicato il 23 marzo 2010)