La fase finale della Imagine Cup 2011: i migliori cervelli provano a cambiare il pianeta con software e nuove idee.

NEW YORK – «Hi, I’m Steve, nice to meet you». Lo Steve in questione è Mr. Steve-B, al secolo Steve Ballmer, il numero uno di Microsoft, l’uomo che si è visto affidare le redini della compagnia di Redmond direttamente dal fondatore Bill Gates. E i quattro ragazzi a cui stringe la mano dicendo loro «my pleasure» sono i componenti del team NeaSoft dell’Università Federico II di Napoli che rappresentano l’Italia alle finali mondiali dell’Imagine Cup 2011, la principale competizione mondiale di information technology che ha coinvolto complessivamente più di 350 mila studenti in 183 Paesi dei cinque continenti.

IL TEAM ITALIANO – Raffaele Galiero e Clemente Giorio, futuri informatici, che compongono la squadra assieme alla neuropsicologa Marta Ponari, già nel 2010 erano riusciti ad accedere alla finalissima della manifestazione, a Varsavia, presentando un software finalizzato a migliorare i servizi di car pooling e car sharing integrati con i mezzi del trasporto pubblico. Quest’anno si sono guadagnati la nomination tricolore con un nuovo progetto – Omcr, acronimo che sta per Oculorum Moto Computer Regere – che consente di utilizzare un computer anche a portatori di disabilità gravi, impossibilitati a muovere le mani e a compiere movimenti e gesti, come scrivere su una tastiera o dialogare attraverso i social network, che per il resto delle persone sono pratica quotidiana, ma che per chi soffre di disturbi neurologici gravi sono ostacoli insormontabili che creano digital divide e, di fatto, isolamento sociale, aggravando dunque la loro condizione.

SFIDA SENZA FRONTIERE – Ballmer ha ascoltato con interesse la spiegazione degli studenti napoletani, scelti in un campione ristretto tra i diversi team in gara, ma non sarà lui ad avere voce in capitolo nella competizione e nel decretare i vincitori. La parola è ora passata ai giudici internazionali che, a vari livelli di selezione, dovranno stabilire quali dei 67 concorrenti del Software Design – la più importante tra le sette diverse categorie in cui si sviluppa l’Imagine Cup, nonché quella in cui gareggiano gli italiani – potranno accedere alla “top six” da cui emergerà il vincitore assoluto. Un risultato, questo, che era stato centrato dall’Italia già nel 2006 con il team torinese guidato da Giorgio Sardo che oggi, a distanza di anni, continua a bazzicare la competizione ma in qualità di speaker, visto che da quel successo era iniziata la carriera che lo ha portato a diventare oggi uno degli “evangelist” di Microsoft negli Stati Uniti e oggi è uno dei case history della competizione.

I PAESI EMERGENTI - Come detto, sono stati 358 mila in tutto il mondo gli studenti che si sono cimentati nelle rispettive selezioni nazionali e in quelle online che hanno portato alla definizione della rosa dei finalisti. Una scrematura notevole che ha permesso di arrivare a New York, a quelli che lo stesso Stevie-B ha definito i giochi olimpici della tecnologia, solamente a 400 di questi specialissimi atleti che non usano i muscoli ma il cervello e che cercheranno di tenere alto l’onore dei rispettivi Paesi. «Non e’ un caso – ha spiegato John Perera, general manager dell’Education Group di Microsoft – che negli ultimi anni molti dei vincitori provenissero da nazioni emergenti o da aree in via di sviluppo. Le nuove tecnologie possono essere davvero lo strumento con cui superare barriere culturali, sociali ed ambientali».

I MILLENNIUM GOALS - La sfida degli studenti in gara consiste nell’elaborare software – ma anche videogames o opera di digital media – incentrati sugli otto Millennium Goals delle Nazioni Unite, gli obiettivi del millennio che l’Onu e i Paesi che ne fanno parte si sono impegnati a raggiungere entro il 2015: la lotta alla povertà estrema e alla fame nel mondo, la diffusione dell’istruzione primaria in tutto il pianeta, la promozione di politiche di uguaglianza tra uomini e donne, la riduzione della mortalità infantile e il miglioramento delle condizioni di maternità, la lotta a epidemie e malattie come Aids e malaria, lo sviluppo ecosostenibile e la partecipazione globale.

EMERGENZA GLOBALE - New York significa anche Nazioni Unite. E i casi della vita hanno portato un ragazzino che alcuni decenni fa partecipava ai campi estivi di matematica assieme a Mr. Stevie-B, Jeffrey Sachs, a diventare il delegato del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon per l’attuazione dei Millenium Goals. «Nel giro di tre mesi la popolazione mondiale raggiungerà i 7 miliardi di persone – ha fatto notare Sachs – e saremo ancora più compressi in un mondo che sta mettendo alla prova le proprie forze e il proprio ecosistema e che già oggi deve fare i conti con mancanza di cibo, risorse limitate, una crescita esponenziale della povertà, epidemie che si diffondono a velocità mai raggiunte prima. Bisogna agire e farlo subito perché non è più tollerabile che 8 milioni di bambini muoiano ogni anno prima di arrivare ai 5 anni di vita per ragioni assolutamente stupide, malattie che assolutamente non esistono nei Paesi ricchi o che possono essere fronteggiate con poco. Ovunque, anche nelle aree più disagiate del mondo, l’accesso all’istruzione, la lotta alla fame, la battaglia per un clima più sostenibile, la creazione di nuove forme di controllo dell’energia può avere l’informatica al centro di ogni soluzione. Un computer e un telefono che tolgano un villaggio dall’isolamento sono già un enorme passo avanti». «Complessivamente – ha sottolineato infine Ballmer – sono stati 13 mila i progetti che ci sono stati sottoposti quest’anno nelle diverse categorie. Rappresentano le nazioni, le città di provenienza dei competitors, i loro sogni, le loro aspirazioni e le loro idee per un futuro migliore. E solo per il fatto che tutte queste migliaia di studenti in tutto il mondo, le generazioni che il mondo lo governeranno nel futuro, ci abbiano provato, fa si che il mondo sia già un posto migliore».

Fonte: ilcorriere.it