Maggiori investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle imprese, ma manca il supporto pubblico.

MILANO - Ecco la sorpresa: Non va tutto così male. Qualche giorno fa i dati Assinform che testimoniavano un semestre in sofferenza per il mercato It. Ora almeno l'attenuante che nella classifica della competitività in ambito It il nostro Paese sale dalla 24esima e alla 23esima posizione a livello mondiale. Un leggero passo in avanti che comunque ci lascia ben lontani dalle performance dei Paesi pionieri in ambito tecnologico come Stati Uniti, Finlandia, Singapore, Svezia e Regno Unito. A rilevarlo è lo studio dell'Economist Intelligence Unit, uno dei maggiori player mondiali nel campo delle ricerche e delle previsioni economiche.
LO STUDIO - L'indice globale di competitività - giunto alla quarta edizione - è un rilevatore che raffronta una serie di indicatori di 66 nazioni, tra i quali il complessivo ambiente economico, l'infrastruttura It disponibile, il capitale umano, l'avanzamento in ricerca e sviluppo, il sistema giudiziario e gli incentivi offerti dal settore pubblico allo sviluppo industriale del Paese. E in termini aggregati l'Italia migliora la propria posizione soprattutto per una migliore valutazione dell'ambiente economico di riferimento, per la ricerca e sviluppo (anche se prevalentemente grazie agli investimenti delle imprese private) e sul sistema legale, per i progressi registrati in termini di contrasto alla pirateria online.

LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE - Dice Matteo Mille, presidente italiano di Business Software Alliance (che ha divulgato lo studio in questione ed è la principale organizzazione internazionale per il rispetto della proprietà intellettuale): «Siamo soddisfatti di come si sta muovendo l'Agcom sul tema, tanto che l'attuale normativa è tra le migliori nel panorama europeo. Certo non possiamo attribuire solo agli internet service provider il ruolo di essere gli sceriffi del web. E soprattutto dobbiamo procedere anche ad oscurare siti esteri (per il momento non è possibile, ndr.) nel caso violino la proprietà intellettuale».

LO SCENARIO - Tornando al report il delta tra le best-practice per innovazione tecnologica e il resto dei paesi che seguono a rimorchio (e tentano spesso invano di emularle) sta nel cosiddetto teorema del «vantaggio genera vantaggio». Chi negli anni ha saputo interpretare al meglio il cambiamento dei tempi (e ha avuto disponibilità di cassa e classi dirigenti illuminate) ha investito maggiormente in It e ora raccoglie i frutti. Il resto dei Paesi - tra cui l'Italia che paga anche una carente rete infrastrutturale, tanto che la banda larga in alcune zone è ancora un miraggio - ha accumulato un ritardo e ora fatica a riportarsi nel girone dei migliori. Lo conferma Mille: «L'indice dimostra al di là di ogni dubbio che investire sulle fondamenta dell'innovazione tecnologica nel lungo termine paga. È innegabile infatti che esista una diretta proporzionalità tra competitività di sistema - Paese e investimenti in It». Investimenti pubblici ancora carenti, dato il fardello dell'enorme debito pubblico, ma necessari per imboccare la via della ripresa.

Fonte: Il Corriere della Sera