La corsa a ostacoli contro il "digital divide"
ROMA
Il 30 settembre 2012 verrà pubblicata la Relazione Strategica che fornirà un quadro più chiaro degli obiettivi che il governo si prefigge. Secondo le richieste dell’Ue entro il 2013 tutti i cittadini dell’Ue dovranno disporre di collegamenti a Internet di almeno 2 megabit. Ed entro il 2020 la velocità deve salire ad almeno 30 megabit. Che cosa sta facendo l’Italia? Qualcosa, ma non abbastanza. Il decreto Digitalia, che doveva definire obiettivi e stanziamenti per la banda larga, da giugno è stato rimandato a settembre.
Gli investimenti programmati
Il governo italiano ha ricevuto finora fondi europei per 440 milioni di euro che arriveranno a 700, secondo il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, e dovrebbero permettere di azzerare le differenze infrastrutturali fra le varie regioni italiane. F2i Tlc-Metroweb ha annunciato un piano da 4,5 miliardi di euro nei prossimi anni per coprire le 30 città maggiori con fibra a 100 Mbps. Per gli operatori privati: 10 miliardi di euro (di cui 4 già investiti) per le reti di nuova generazione mobile e 500 milioni di Telecom per la banda larga. Il totale potrebbe coprire il costo dei 20 miliardi necessari per la copertura totale.
Il ritardo della banda larga
Il presidente di Telecom Franco Bernabè ha però specificato che non ci sarà alcuna accelerazione per la fibra ottica dato che «le indicazioni dell’Unione europea sono soltanto programmatiche». Il piano della società è di portare Internet ultraveloce in 99 città entro il 2014, che nel 2018 diventeranno 250, ma la velocità nelle case degli utenti potrebbe non superare i 50 Mbps. In molti sono convinti, quindi, che tra alcuni anni appena il 20% degli italiani viaggerà ultraveloce, mentre solo un terzo delle famiglie italiane arriverà a 50 Mbit. Eppure il ritardo nello sviluppo della banda larga costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del Pil. Al momento copre soltanto il 10% del territorio, mentre in Svizzera arriva al 90% e in Francia dovrebbe arrivare al 37% entro il 2015 e al 100% nel 2025.
L’Italia e le infrazioni Ue
L’Italia si è adeguata da poco alla direttiva imposta da Bruxelles per garantire mercati più competitivi, diritti per i consumatori come la possibilità di passare a un altro operatore telefonico in un giorno senza dover cambiare numero di telefono o di essere informati tempestivamente in caso di violazione di dati personali online. E così, al contrario dell’anno scorso, non ha subito alcun tipo di punizione a differenza di Belgio, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Slovenia deferiti alla Corte di giustizia dell’UE, poiché non hanno ancora recepito nel diritto nazionale le norme europee riviste in materia di telecomunicazioni.
Ue, lavoratori tlc cercansi
Rischia di avere gli stessi effetti di una carestia la carenza di competenze informatiche nell’Unione Europea. Un report della Commissione Europea diffuso in primavera spiega come nel 2015 il 90% dei posti di lavoro richiederà competenze informatiche ma mancano all’appello almeno 700mila professionisti in questo settore. Nel 2020 è previsto un aumento di 20 milioni di posti di lavoro legati all’Information Technology e una riduzione di 12 milioni di posti a bassa qualifica: l’Information Technology rappresenta il 5% del Pil europeo e ha continuato a crescere ad un tasso annuo del 3% anche dopo il 2008 e l’aggravarsi della crisi economica. La Commissione ha chiesto un reindirizzamento degli investimenti dei Paesi Ue dai settori tradizionali allo sviluppo delle competenze informatiche.
L’Italia e deficit informatico Gli ultimi dati Eurostat sulle capacità informatiche individuali non forniscono un quadro esaltante dell’Italia. Nella fascia tra i 16 e i 74 anni poco più del 60% dei cittadini è in grado di sfruttare un computer per operazioni base. Più incapaci di noi soltanto Grecia, Bulgaria e Romania. Il risultato è anche peggiore se si considera la fascia dei giovani tra i 16 e i 24 anni, i cosiddetti nativi digitali, gli smanettoni nati. È vero, la percentuale di chi è in grado di sfruttare un computer per le operazioni base sale al 90% ma in questo caso anche la Grecia ci batte. Diverso invece se si considera chi programma con costanza per lavoro. L’Italia ha un 15% di esperti ed è ai primi posti, superando anche Inghilterra, Germania e Francia.
Il ritardo delle infrastrutture La media Ue delle famiglie connesse a Internet è del 73% mentre l’Italia raggiunge a malapena il 62%, una condizione simile a quella della Lituania. Molto diverso anche il tasso di crescita: in Spagna siamo su aumenti del 5%, in Italia del 3%. Stesso quadro anche per diffusione della banda larga fissa: in Italia ci sono 21 linee ogni 100 abitanti contro le 27 dell’Europa, ma anche per numero di famiglie connesse a Internet veloce (52% contro 67%), e negli acquisti e per il commercio online. Per le esportazioni mediante l’ICT l’Italia è fanalino di coda in Europa; solo il 4% delle piccole e medie imprese vendono on-line, mentre la media UE-27 è del 12%.
LE PERCENTUALI DELL'ITALIA 400 milioni alla banda larga
Per le regioni del centro-nord che vedono 2 milioni di cittadini esclusi dal servizio. Per le 8 regioni del Sud già reperite tutte le risorse necessarie. Il piano darà lavoro a 8000 persone.
50% e-commerce cittadini
L’obiettivo è far sì che il 50 per cento dei cittadini facciano acquisti online entro il 2015.
33% e-commerce imprese
Entro il 2015 il 33 per cento delle piccole e medie imprese dovrà comprare e vendere online.
26,3% compra in Rete
Poco più del 26 per cento delle persone compra online contro il 40,4 della media Ue.
41,7% senza internet
La percentuale delle famiglie che non usa Internet perché non ne ha le competenze. In alcuni casi l’uso della Rete è inibito dalla mancanza di collegamenti.
90% didattica su carta
Nelle aule scolastiche praticamente tutti i contenuti per gli insegnamenti sono su carta e solo il 10 per cento è digitale.
16% studenti «digitali»
Solo il sedici per cento degli studenti utilizza a scuola contenuti e strumenti digitali.
93% ragazzi in Rete
Alta la percentuale nelle giovani generazioni che usa Internet e il 92, 1 per cento degli studenti usa un computer.
Flavia Amabile Fonte: http://www.lastampa.it