Solo Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna riescono a tenere il passo con le regioni tedesche e scandinave. Il modello della piccola media impresa italiana è in crisi?

L’Italia continua a soccombere nel confronto europeo sull’innovazione. La sfida del premier Matteo Renzi si scontra con la realtà di un Paese in ritardo, costretto ad affidarsi ai segnali positivi di appena tre regioni su ventuno. Lo stato di salute dell’innovazione in Italia è stato fotografato dalla Commissione Europea, attraverso il quadro di valutazione degli Stati membri e delle singole regioni.

Il nostro Paese si posiziona a metà classifica, viene considerato un “moderato innovatore”, all’ombra dei giganti scandinavi, della Germania e della Svizzera. Provano a tenere il passo, nel confronto tra regioni, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, definiti appunto “follower”, inseguitori delle aree leader nel continente. Nella mappa dell’efficienza, colorata dal verde al rosso a seconda del livello di innovazione, in dieci anni l’Italia ha almeno cancellato quelle macchie negative di Calabria e Molise, fino al 2006 a livelli modesti come continuano ad essere regioni balcaniche o dell’Europea dell’Est.

La nazione leader europea per l’innovazione è la Svizzera, ai massimi livelli con sette regioni su sette. Seguono la Svezia, con quattro regioni tra i leaders e quattro tra i followers, e la Danimarca, con quattro aree su cinque al top. Tra gli innovation leader, poi, spiccano Germania (10 al top e 6 regioni followers) e Finlandia. L’Italia è quattordicesima, preceduta anche dai vicini della Slovenia. In coda alla classifica ci sono Polonia, Romania e Bulgaria.

 

Quattro zavorre stanno frenando la ricorsa dell’Italia verso gli standard europei. La principale è la scarsa collaborazione tra piccole e medie imprese innovative, che è pessima in tutta la penisola ad eccezione di Piemonte, Friuli, Basilicata e provincia autonoma di Trento, uniche a superare un tasso di 0.200 (dato dal rapporto tra le aziende che cooperano e il numero totale di aziende). Basti pensare che al top ci sono le imprese britanniche, che arrivano a 0.850.
Anche negli investimenti privati in Ricerca e Sviluppo l’Italia è in larga parte sotto la media Ue, eccetto il solito Piemonte con un tasso di 0,503 (merito della Fiat e del suo indotto?), che almeno l’avvicina ai risultati nelle aree di Berlino o di Oslo. La miglior performance continentale in questo settore la fa registrare la regione Pohjois-Suomi, nella parte settentrionale della Finlandia. Tutto il Sud Italia è arretrato, con la Sardegna che riesce a far peggio delle aree più povere di Romania e Bulgaria. Altri due handicap per la crescita italiana sono rappresentati dalla percentuale di cittadini in possesso di almeno una laurea (l’Italia intera è indietro rispetto all’obiettivo del 40 per cento nella fascia 30-34 anni fissato da Europa 2020) e il tasso di domande di brevetti, che vede soltanto il Nord competere con la media europea. I modelli da seguire sono le regioni di Baden e di Bayern, in Germania, per le piccole e medie imprese innovative e per il tasso di occupati ad alta specializzazione; mentre per l’educazione terziaria i migliori risultati vengono raggiunti nell’area di Londra e nei Paesi Baschi.
Sempre il Piemonte ci fa restare a testa alta in Europa per quanto riguarda le piccole e medie imprese che introducono prodotti e processi innovativi (0,651) e insieme alla Lombardia si contende la leadership nazionale per il tasso di occupati nel settore manufatturiero high-tech e nelle attività di elevata conoscenza. Che il nord-ovest riesca trainare anche il resto del Paese molto dipenderà dalle misure straordinarie su competitività e lavoro annunciate dal nuovo governo per la prossima settimana.

Fonte: Wired