Parla Jerome Ballarin, presidente dell'Osservatorio francese per la parità nelle imprese: "Il modello da imitare è la Scandinavia".

Cita un proverbio svedese: "L'emancipazione delle donne attraverso il lavoro, l'emancipazione degli uomini attraverso la famiglia". Jerome Ballarin guarda alla Scandinavia come al modello da imitare. Ma il presidente dell'Osservatorio francese per la parità nelle imprese ha anche un riferimento in patria, è il "Contratto sociale" di Jean-Jacques Rousseau che anticipò, prima della Rivoluzione, il principio secondo cui "ogni uomo nasce libero". Allora si parlava ancora solo di uomini (qualche anno dopo la Dichiarazione universale dei diritti sarà sempre "dell'uomo") ma la strada verso l'uguaglianza era cominciata e non sarebbe più stato possibile tornare indietro. Ballarin ha battezzato la sua società di consulenza "1762", anno in cui venne pubblicato il "Contratto sociale". La missione di Ballarin è infatti convincere aziende e datori di lavoro a istituire un nuovo equilibrio tra famiglia e lavoro.

"Qualche anno fa  -  ricorda Ballarin - ho capito che dovevamo impegnarci tutti insieme, imprese, lavoratori e Stato, per fondare un nuovo contratto sociale che riesca a garantire il benessere degli individui senza danneggiare la produttività delle aziende". È nato così nel 2008 l'Osservatorio fondato da Ballarin, che è una sorta di Signor Conciliazione lavoro/famiglia, quasi la quadratura del cerchio. La Francia è uno dei paesi europei con il più alto tasso di occupazione femminile in Europa, il 76,6%, ha il record di natalità (2,2 figli per donna) ma è anche una nazione in cui il tempo dedicato dai padri alla cura dei figli e alle occupazioni domestiche non è aumentato neanche di un minuto negli ultimi dieci anni. Uno squilibrio clamoroso. 


Per favorire il lavoro delle donne bisogna sostenere su quella che Ballarin chiama "parentalité", genitorialità, come dimostra il caso italiano in cui gli scarsi aiuti e servizi ai genitori hanno frenato l'occupazione femminile. La ricetta francese si è appoggiata finora su un forte intervento dello Stato: un mix di detrazioni fiscali (il famoso quoziente famigliare che ora potrebbe arrivare da noi), sussidi diretti e soprattutto centri per la cura della "petite enfance", i bambini da 0 a 3 anni. La spesa pubblica destinata a finanziare le infrastrutture per l'infanzia rappresenta 1,6% del Pil contro lo 0,77% della Germania. Quasi metà dei piccoli tra 0 e 2 anni (quando si può già andare alla scuola materna) frequenta strutture pubbliche o private: 42%, il doppio della media europea. Come ha riconosciuto l'Ocse nel suo ultimo rapporto: la spesa pubblica per ogni bambino sotto i 6 anni in Francia è pari a 54.600 dollari all'anno contro 37.500 della media Ocse. Il livello di spesa dello childcare (sostegno delle famiglie con bambini) è del 3% del Pil in Francia, sopra alla media Ocse (2,3%) e dell'Italia (0,92%).

Questo pilastro pubblico, grazie al quale le francesi hanno costruito il loro ingresso nel mondo del lavoro dal dopoguerra, oggi non basta più. Ora sono gli uomini che devono "emanciparsi", facendosi carico della famiglia. Insieme con sindacati e Confindustria francese, Ballarin ha lanciato una Carta per valorizzare la paternità nei luoghi di lavoro, con una serie di "best practices" realizzate nelle diverse imprese: dai congedi parentali equamente divisi tra uomo e donna, ai permessi per poter partecipare ai corsi preparto. Ballarin, quarantenne con due figli, promuove anche misure simboliche come l'istituzione di un "giovedì dei papà", un giorno a settimana in cui anticipare l'uscita dall'ufficio per accudire la prole. "Dobbiamo favorire un cambio di mentalità nelle imprese francesi in modo che ci sia una visione condivisa della genitorialità. Solo così  -  prosegue il presidente dell'Osservatorio  -  ci sarà anche un'uguaglianza salariale e nei percorsi di carriera".
In Francia, come altrove, il salary gap è del 20% e nella classifica mondiale sull'integrazione delle donne nelle imprese il paese è al 65esimo posto su 132. Certo, ci sono progressi. Grazie a una legge del 2011, le imprese quotate in Borsa sono state costrette ad aumentare fino al 20% le donne nei board entro il 2014 (risultato raggiunto) mentre dovrebbero arrivare al 40% nel 2017. Erano appena il 10% nel 2009. Anche in questo caso è stato necessario un intervento pubblico. Qualche mese fa il governo ha approvato una riforma per i congedi parentali. Agli uomini spetteranno per legge 6 mesi di paternità, sui tre anni autorizzati per ogni coppia, con assegno garantito dallo Stato. Contrariamente al passato, il periodo che spetta all'uomo non potrà essere scambiato con l'altro genitore. E per quelle famiglie che si adegueranno alla riforma è prevista una corsia preferenziale nell'accesso agli asili nido. "Ma sono convinto che il cambio culturale ormai sia in corso e presto non ci sarà più bisogno né di quote né di altri richiami dall'esterno per arrivare a una sostanziale parità". Ballarin è ottimista. "Tutte le ricerche sociologiche lo confermano: sono gli uomini a voler avere un po' più di tempo per la loro vita privata. Bisogna solo convincere - conclude il Signor Conciliazione - le imprese a modificare i modelli produttivi impostati su un inutile presenzialismo e squilibrio dei ruoli".

 

Fonte: Repubblica