La capacità di adattamento delle Pmi, la volontà di innovazione, la ricerca di soluzioni nuove stanno muovendo le imprese a uscire dalla crisi economica internazinale, nonostante le difficoltà di un contesto in cui pesa la mancanza di una seria politica economica e l’eterno rinvio di riforme importanti come quella del fisco. Sembra così crescere e prendere sostanza una riflessione di imprese e parti sociali,  imprenditori e manager, associazioni e in misura minore, politici sul valore dell’impresa partendo dalle persone che la compongono.
Sembra quasi che si possa ripartire dall’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II e dal suo giudizio positivo del capitalismo, se con “capitalismo si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata, della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia, e anche se sarebbe più appropriato parlare di 'economia d’impresa' o di 'economia di mercato', o semplicemente di 'economia libera'”. In profonda continuità con questa visione, la recente Caritas in veritate di Benedetto XVI ha ampliato il significato di economia d’impresa sottolineando come un mercato può essere realmente efficiente e tendere a creare condizioni di maggiore giustizia solo se comprende e lascia dare frutto a valori come la gratuità, il dono, la partecipazione. In questa prospettiva è allora importante riflettere sulle motivazioni del fare impresa e riscoprire come l’efficienza e la capacità di stare sul mercato dipendano non solo da scelte tecniche, organizzative, logistiche, ma anche e soprattutto dalla motivazione delle persone, da valori che non hanno paura di trasformarsi in ideali.

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