altAl contrario di quanto avviene nei grandi gruppi, la rinascita rosa comincia dalle realtà intermedie. Bild: «Presto circa la metà delle aziende potrebbe avere un capo donna».
 
Venticinque per cento contro zero: è impietoso il confronto tra la percentuale di piccole e medie imprese, da una parte, e di grosse aziende quotate in borsa, dall’altra, che sono guidate da una donna in Germania. Un quarto delle pmi tedesche ha una donna ai suoi vertici, rivela oggi alla Bild il presidente dell’associazione delle imprese familiari tedesche, Lutz Goebel. Il trend, ha spiegato, è in crescita, al punto che «non mi meraviglierei se presto circa la metà delle nostre aziende avesse una donna come capo». Oggi molti più padri ritengono le loro figlie capaci di condurre un’azienda, ha aggiunto Goebel, che ha respinto come “superflue” le quote rosa su cui la politica tedesca litiga da mesi e su cui il Bundestag voterà il 18 aprile. 
 
A titolo di paragone: nessuna delle 30 aziende del Dax, l’indice di borsa che riunisce i big dell’economia e della finanza tedesca, è guidata da una donna, una situazione rimasta immutata da anni. Secondo una recente indagine dell’istituto economico berlinese Diw, invece, la percentuale delle donne nei consigli di amministrazione delle società del Dax è salita dal 3,7% del 2011 al 7,8% nel 2012. Diverso il discorso se si guarda ai consigli di sorveglianza, dove la quota delle donne è del 19,4%.  
 
Intanto uno studio appena diffuso dall’Associazione delle imprenditrici tedesche rivela che le donne ai vertici delle aziende fissano priorità differenti e hanno uno stile di leadership diverso rispetto agli uomini. Per loro la fidelizzazione dei clienti è molto più importante dei bonus, al punto da risultare in cima alla lista delle loro priorità: per il 98% delle datrici di lavoro intervistate essa gioca un ruolo importante, una percentuale che scende all’88% tra gli uomini, i quali mettono invece al primo posto la fidelizzazione dei dipendenti. Le donne sono poi più ottimiste: il 51% di loro è convinto che nei prossimi mesi la situazione dell’azienda che guidano migliorerà, contro il 35% dei manager uomini. 
 
Non solo, ma le donne-capo tendono a motivare in modo diverso i propri dipendenti rispetto agli uomini: il 65% offre corsi di aggiornamento e perfezionamento professionale, il 56% ha introdotto misure per migliorare la conciliabilità tra famiglia e lavoro (ad esempio orari flessibili e asili nidi aziendali). Al contrario le prestazioni monetarie giocano un ruolo inferiore: solo il 30% circa delle donne considera importante la concessione di auto di servizio e bonus. 

Fonte: La Stampa