Mentre crescono in tutta Europa gli strumenti di flessibilità oraria, il nostro paese rimane ai valori minimi. Diffusi in parte solo l'entrata e uscita "mobili". Maglia nera all'Italia anche per numero di imprese che prevedono la distribuzione ai dipendenti di una quota dei profitti. I risultati dell'indagine European Working Conditions di Eurofound in 27mila aziende di 30 nazioni.

Entrata e uscita "mobile". Oltre la metà delle imprese europee dà ai propri lavoratori almeno la possibilità di gestire flessibilmente, in un giorno lavorativo, l'orario di entrata e d'uscita. Non tutte loro però offrono questa opportunità indistintamente a ogni dipendente. In media, scrivono gli autori dell'indagine, questo accade per i due terzi della forza lavoro. Solo il 45 per cento delle imprese dà tale diritto a tutti dipendenti. Le nazioni dove è più elevata la porzione di lavoratori coinvolti sono la Finlandia, il Regno Unito, la Danimarca, la Svezia, la Germania e l'Austria dove la quota è sempre sopra o solo poco al di sotto del 70 per cento.


Un giorno di libertà. Ma per capire davvero quanto sia ampia la libertà di scelta dei lavoratori, senza danneggiare la produttività delle imprese, è necessario scavare più a fondo. Ad esempio, scoprire se un dipendente può prendere anche dei giorni liberi dal lavoro utilizzando il monte di credito orario che ha accumulato lavorando negli altri giorni più di quanto stabilito nel contratto. Una tale opportunità viene offerta in Europa da meno di un terzo delle aziende (il 29 per cento). In Italia invece, dove meno del 50 per cento delle imprese offre strumenti di flessibilità oraria, solo il 15 per cento di queste permette di prendersi un giorno libero mentre la gran parte dà solo la possibilità di variare l'orario di entrata e di uscita dal lavoro e un'altra esigua percentuale di accumulare crediti orari senza però permettere il "day off".

Condivisione dei profitti. Come se non bastasse, il nostro paese ha anche il primato della nazione con la minore diffusione di accordi dove una porzione dei profitti aziendali vengono distribuiti agli impiegati sia in forma di contanti sia in forma di azioni. In Europa praticano schemi di questo tipo il 14 per cento delle imprese. La percentuale più elevata si trova in Francia (il 35%), in Olanda (27%) e in Finlandia (23%). In Italia la proporzione scende al 3 per cento.


Fonte e articolo integrale: La Repubblica
(pubblicato il 5 marzo 2010)