Il Global Gender Gap Report, prodotto annualmente dal World Economic Forum che ha sede a Ginevra, fornisce un quadro di riferimento per la comprensione dell’ordine di grandezza delle disparità di genere nel mondo e costituisce un importante strumento per la loro valutazione. Il Rapporto si basa sul Global Gender Gap Index ideato nel 2006 con lo specifico proposito di fornire dati – raccolti secondo standard molto precisi ed articolati, e raffrontabili negli anni - sui gap tra uomini e donne nei 4 settori fondamentali: economico, politico, dell’istruzione e della salute. Nel settore economico vengono valutati la composizione della forza lavoro, i gap retributivi e le differenze nelle carriere  (percentuali di donne rispetto agli uomini che occupano posti di legislatori, alti funzionari, manager, tecnici e professionisti).
La costruzione dell’Indice nel settore dell’istruzione tiene conto del numero di donne – confrontato con quello relativo agli uomini - alfabetizzate, iscritte a scuole di istruzione primaria, secondaria e terziaria. Nel settore della salute viene innanzitutto calcolata la percentuale dei nuovi nati in base al sesso, per tenere conto del fenomeno delle “donne mancate” presente in molti paesi nei quali la nascita di figlie femmine è considerata una disgrazia. Inoltre viene misurata la differente aspettativa di vita nei due sessi. 
Quanto al settore della politica, viene calcolata la percentuale di donne (rispetto agli uomini) che ricoprono la carica di ministro o di parlamentare, nonché di primo ministro o di capo dello stato negli ultimi 50 anni. Non sono disponibili dati circa le cariche nelle amministrazioni locali. Il Global Gender Gap Report 2010 è stato redatto grazie alla collaborazione tra il World Economic Forum, l’Università di Berkley e l’Università di Harvard, e riporta i dati degli ultimi cinque anni per
mostrare i progressi nei paesi monitorati in modo chiaro e trasparente. Analizza dati riguardanti 134 Paesi, che rappresentano oltre il 90% della popolazione mondiale.
Secondo il Global Gender Gap Index, i paesi nei quali si realizza maggiormente la parità tra i sessi nei settori indicati sono Islanda, Norvegia, Finlandia, Svezia e Nuova Zelanda; agli ultimi posti Mali, Pakistan, Ciad e Yemen. L’Italia si colloca al 74° posto. Il Rapporto mostra che, complessivamente, nei paesi presi in considerazione il gap tra donne e uomini è stato coperto per circa il 96% nell’ambito della salute e per il 93% in quello dell’istruzione. Rimane alto il gap riguardante la partecipazione economica (coperto solo per il 59%) e molto alto quello riguardante la parità nella partecipazione politica (un percorso realizzato solo per il 18%). Nei raggruppamenti in base al reddito, il Rapporto mostra che tra i paesi ad alto reddito le performance di parità migliori si registrano nella regione nordeuropea (Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia si collocano ai primi posti in assoluto, come ricordato); in quelli a reddito medio-alto, Sudafrica, Cuba e Namibia si classificano ai primi
posti; nei paesi a reddito medio, Lesotho e Filippine sono in testa, mentre in quelli a basso reddito i paesi più virtuosi sono Mozambico e Uganda.
Nel 2010, 22 paesi hanno azzerato le differenze tra i sessi riguardo i livelli di istruzione: tra di essi si trovano paesi europei come la Francia e il Regno Unito, oltre agli Stati Uniti; l’Italia si classifica al 49° posto. Nell’ambito della salute, invece, sono 36 i paesi ad avere chiuso il gap tra i sessi; l’Italia si trova al 95° posto.
Se si analizzano i dati su base macroregionale, la regione nordamericana è quella nella quale si realizzano i migliori risultat in tutti e quattro i settori presi in considerazione: i soli Stati Uniti sono balzati dal 31° posto nel 2009 al 19° nel solo volgere di un anno.
Al contrario, la macroregione nella quale si verificano i peggiori risultati è quella che comprende il Medio oriente e il Nordafrica. A parte Israele, che si classifica al 52° posto (ma perde sette posizioni rispetto al 2009 a causa di lievi peggioramenti in tutti e quattro i settori) tutti gli altri paesi dell’area si collocano oltre il centesimo posto: Oman, Siria, Egitto, Marocco, Arabia Saudita e Yemen occupano la parte inferiore della classifica regionale. Secondo il Rapporto, nell’ambito dei paesi europei l’Italia continua a posizionarsi nella parte più bassa della classifica (34a su 43 paesi) con un lieve peggioramento nel corso dell’ultimo anno. Come accennato, si trova al 74° posto su 134 paesi analizzati mentre nel 2009 occupava il 72° posto e nel 2008 il 67°. Dato un indice che va da un massimo di 1.00 (perfetta uguaglianza) ad un minimo di 0.00 (diseguaglianza  totale), l’indice italiano è dello 0.677. La performance peggiore è nel campo dell’empowerment politico (il punteggio è pari a 0.152) ma, data la generale diffusa situazione di diseguaglianza in questo ambito, l’Italia si classifica al 54° posto. Al contrario, riguardo la salute, pur totalizzando un punteggio piuttosto alto (0.970), a causa delle migliori performance di molti altri paesi, l’Italia si colloca solo al 95° posto. Infine, il Rapporto mette in luce il legame con le prestazioni economiche dei paesi. Posto che il fattore determinante della competitività di un paese risiede nel talento umano (capacità, istruzione e produttività della forza lavoro), va tenuto conto del fatto che le donne rappresentano la metà di quel potenziale e che ridurre il gap tra i sessi non risponde solamente all’esigenza di tutelare i diritti umani delle donne o di garantire l’equità, ma anche a quella di aumentare l’efficienza. Il raffronto tra il Global Gender Gap Index 2010 con il Global Competitiveness Index 2010-2011 da un lato e con i dati della Banca Mondiale relativi al PIL procapite dall’altro, confermano la stretta relazione esistente  tra
l’uguaglianza di genere, il livello di competitività e il prodotto interno lordo. Così come altre analisi comprovano l’esistenza di uno stretto legame tra uguaglianza di genere e indice di sviluppo umano. Sebbene il Rapporto affermi che tali correlazioni non siano prova di causalità, esse sono coerenti con la teoria e con la prova sempre più evidente del fatto che l’accrescimento del potere delle donne determina un più efficiente uso del talento umano di una nazione e, di conseguenza, la riduzione dell’ineguaglianza di genere ha per effetto un aumento della produttività e della crescita economica.

Fonte: Camera dei Deputati