Quelle donne che domano i «bisonti»
Rosa: al volante sono veramente libera. Marzia: per i 25 anni di nozze vorrei andare in Lapponia con il nostro tir

MODENA - Chi non associa la figura del camionista al viaggiatore un po' solitario con lo spirito "on the road"? Chi non ha passato le ore a leggere gli pseudonimi dei conducenti di tir scritti con le lucine e i led sui parabrezza, immaginando le loro destinazioni nelle dogane, negli interporti, dopo interminabili viaggi notturni intervallati dai truck stop? Ma qualcosa è cambiato e da qualche anno a bordo delle cabine dei bisonti non ci sono solo amuleti kitsch, poster o calendari osé con l'ultima ragazza di Playboy. Sempre di più fanno la loro comparsa oltre quei vetri tendine di raso ricamate a mano, tappetini leopardati e targhette con soprannomi che poco hanno a che fare con l'identikit del camionista tradizionale. Sono donne al volante, di quelle però che la sanno lunga, altro che aneddoti e barzellette. Hanno sì le mani unte di grasso per aver cambiato un pneumatico da 70 chili, perché anche loro, come i colleghi uomini, ci pensano due volte prima di chiamare il gommista. Ed è con questa filosofia che le Lady Truck si fanno largo con i loro tir per le strade dell'Italia a suon di chilometri con il sudore e la fatica. Solo in questa associazione sono ben 120, tutte italiane, e le si può riconoscere grazie alle t-shirt rosse con le scritte «Pink road, buona strada».

30 MILA KM AL MESE - «Sono 15 anni che guido i tir e posso dire con certezza che siamo sempre di più a fare questo mestiere - ci racconta Gisella Corradini, modenese di 43 anni, che tutti i giorni parte da Fiorano, alle porte di Modena, a pochi passi da Maranello e percorre 500 km per trasportare merce leggera ai cargo city dell'aeroporto di Malpensa -. A occhio e croce siamo sicuramente almeno un migliaio in tutta la Penisola. Viaggiando di notte come faccio io ho incontrato molte donne che fanno quasi sempre la stessa tratta. È così che è nata l'idea di radunarci in un’associazione e ribattezzarci "Lady Truck". Sentivamo l'esigenza, non avendo un sindacato di categoria che ci rappresenta, di unirci per condividere le nostre storie, per darci dei buoni consigli sulla sicurezza stradale e su come fare al meglio questo mestiere. Ed è bastato un passaparola per essere qui a condividere questo lavoro come un'autentica rivelazione». Anche se molte di loro sono dietro alle quinte e preferiscono l'anonimato. «È vero ci sono molti "angeli della strada"- conferma Anna Manigrasso, presidentessa di Assotir - e questo tessuto sociale di donne invisibili in realtà è ben strutturato nel mondo dell'autotrasporto. Abbiamo a che fare con donne concrete, con un grande temperamento, che si muovono nel rischio e che spesso a casa hanno delle famiglie. Molte di loro aiutano il marito della conduzione dell'attività. È chiaro che questo lavoro lo si può solo fare con il coraggio e la passione». Passione, che per alcune di loro significa guidare autotreni lunghi 18 metri, con a bordo 150 quintali di merce.

«LA MISTERIOSA» - È il caso di Rosa Di Gregorio, 31 anni di Orgiano, un piccolo borgo di 3.175 abitanti che sorge alle pendici dei Colli Berici, nella bassa provincia vicentina. «Mio papà è camionista da più di trent'anni, qualche anno fa viaggiava insieme a mia mamma, che è anche lei è un'attenta guidatrice e navigatrice. In famiglia siamo tre figlie e a un certo punto, dopo la maturità, ho deciso che avrei iniziato a guidare per essere utile alla nostra causa. Nessuno se lo aspettava e solo mio papà mi ha incoraggiato fino in fondo. La maggior preoccupazione erano le notti. Ho fatto esperienza e ora tutti i giorni guido il mio autotreno da Verona fino a Bolzano o Merano e mi sento finalmente libera». Libertà che spesso viene messa alla prova dai trasferimenti notturni, che sono preferiti per la minore circolazione di altri autoveicoli. Saliamo con Rosa a bordo del suo tir e con lei iniziamo un viaggio e subito alla prima curva incrociamo un altro camion che lampeggia i fari. «Ci conosciamo tutti e comunichiamo via radio con i cb (ricetrasmittenti veicolari portatili, ndr) che ci tengono compagnia durante i tragitti. Ognuno di noi ha un nome di battaglia e io mi chiamo "Misteriosa"». Rosa impugna il ricevitore e dall'altra parte c'è "Lupo", un camionista che provvede a dare dei consigli alla collega : «Ciao Misteriosa, le strade sono pulite, non c'è molto traffico. Buon lavoro e per qualsiasi cosa chiamami». Il maggior timore quando si guida per ore un bestione in autostrada è la notte nelle aree di servizio. «Bisogna stare molto attente - riprende Gisella - e occorre farsi furbe. Con gli anni abbiamo imparato a evitare piazzole poco illuminate e poco raccomandabili. Una volta chiuse nel tir, siamo al sicuro».

MARZIA, «IL JOLLY» - Il nostro viaggio a bordo dei tir continua e a Salsomaggiore ci aspetta Marzia Guareschi, 44 anni e due figli. «Sono nata sul camion, ho sposato un camionista (il marito Enzo Rigolini, ndr) e ho allattato i miei figli sui tir. Da sei anni sono il jolly dell'azienda e guido a turno tutti i cinque tir che abbiamo a disposizione per fare delle consegne di mangimi per animali». La tratta di Marzia è la Salsomaggiore-Perugia, tutti i giorni. A volte accompagna il marito, spesso va da sola, ma preferisce guidare di giorno. «Mi piace da impazzire questo lavoro e ho realizzato il sogno della mia vita, grazie a mio marito che non mi ha mai ostacolato. Ha capito subito che tra me e il tir c'era un feeling speciale, perché oltre ad occuparmi dei figli e della contabilità, cambiavo i flessibili e le lampadine». Ma non è solo il fascino della guida, il segreto di tanta abnegazione. «Per me il tir è una casa e spesso ho il piacere di condividere i viaggi con Enzo - ci racconta con la luce negli occhi Marzia -. Abbiamo scoperto che nella cabina di guida riusciamo a parlare di tutta la nostra vita con maggior disinvoltura». Ma non solo parole nelle cabine, anche progetti: «Vorremmo festeggiare il nostro 25° anniversario di matrimonio girando per l'Europa sul nostro Tir, fino ad arrivare in Lapponia». È quasi sera e la notte scende come un sipario, per alcune di loro le luci della strada sono come i sogni.

Fonte: Corriere della Sera