altSono più giovani, più istruite e con un'anzianità aziendale inferiore a quella dei colleghi uomini: hanno meno di 45 anni. Sono le manager delle industrie italiane, che sembrano aver seriamente iniziato a sfondare il famigerato 'tetto di cristallo'. E' quanto emerge dall'indagine realizzata da Federmanager che, per dare un quadro completo dell'universo dell'alta dirigenza in Italia, ha messo a confronto per la prima volta il punto di vista delle due parti in gioco, cioè quasi 1.000 tra donne e uomini, tutti dirigenti in aziende industriali di diversa dimensione, dislocate sull'intero territorio nazionale.


Le dirigenti italiane qualche passo avanti lo hanno fatto, in primis, in termini di retribuzione
: se le donne guadagnano ancora un 12% in meno dei colleghi, la parità è quasi raggiunta, e a volte superata, per quanto riguarda i benefit, in particolare polizze assicurative (70,2% contro il 65,3%), stock options (16,7% contro 13,2%) e borse di studio (3,6% contro 1,5%). E se è vero che continua a essere difficile conciliare lavoro e famiglia - tra le intervistate il 64,8% è sposato e il 65,9% madre, mentre è sposato l'86,1% degli uomini e ha figli l'85,2% - le manager sono sempre più selettive. A cominciare dalla scelta del partner: dichiarano di avere un compagno laureato e con un incarico di imprenditore, dirigente o consulente rispettivamente nel 67,9% e nel 63,2% dei casi. Gli uomini solo nel 51,6% e nel 13,7% dei casi confermano questi status per le loro compagne.

Come risulta ormai evidente negli Stati Uniti, anche le dirigenti italiane si confermano forti e sempre più autonome, anche dal punto di vista retributivo: quasi il 48% dichiara oggi di guadagnare più del proprio compagno. Donne indipendenti quindi, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto nelle scelte di vita: donne che gestiscono un equilibrio complesso, in ufficio e a casa, e che investono le proprie risorse personali con forte attenzione.

Se si passa ad approfondire le dinamiche interne all'ambito aziendale, il rapporto tra dirigenti donna e dirigenti uomo è ancora di 1 a 6, ma fra i quadri la proporzione cresce in favore delle donne, che arrivano a ricoprire la metà delle posizioni. Le donne stentano ancora ad andare oltre la categoria di quadro, ma la loro presenza in veste di dirigente all'interno dell'azienda è ormai da tutti considerata una normalità.

Cosa frena allora la possibilità di carriera delle donne? Entrambi i sessi concordano sul fatto che i principali limiti siano la maternità, reale e potenziale, e le dimensioni dell'azienda: è tanto più difficile, infatti, essere nominata dirigente nelle piccole realtà. Ci sono poi altre difficoltà fortemente sentite dalle donne, a cui i colleghi danno invece minor peso: sono convinte di dover "risultare molto più preparate e dedite al lavoro" per poter diventare dirigenti (86,6% di assenso femminile contro il 40,8% maschile); che dopo la nomina, per una donna sia molto più difficile andare oltre un certo livello (80% contro 37,7%); che le probabilità di subire mobbing per loro aumentino notevolmente (41,9% contro 9,4%).

Convergenza e divergenza di opinioni anche quando si passa alle qualità e ai difetti. Tutti concordano che le donne si distinguono per buona preparazione, forte motivazione, determinazione e impegno costante. Mentre l'essere 'multitasking' è una qualità femminile per l'86,9% delle intervistate, ma solo per il 33,9% dei loro colleghi. Viceversa, gli uomini hanno un occhio più critico verso i limiti delle manager, ritenendole troppo suscettibili e competitive.


Fonte e articolo integrale: Adnkronos
(pubblicato il 17 marzo 2010)