Lavorare dove e quando vuoi. In ufficio o da casa: sceglie il dipendente. Si può fare. Anzi, molti lo fanno già. E con vantaggi sia per le aziende che per i lavoratori. Come e possibile?

Ce lo racconta oggi alle 16, durante una chat sul sito del Corriere, l’Amministratore Delegato di Microsoft Italia Carlo Purassanta. Mentre Anna Zattoni Direttore Generale di ValoreD, ci spiegherà quali sono i vantaggi per la conciliazione famiglia- lavoro.

Il lavoro agile non risolverà tutti i problemi. Ma, gestita bene, per qualcuno questa potrebbe essere un’opportunità. E , in tempi avari come i nostri, le opportunità non si possono lasciare scappare. Per questo la 27esima ora ha ospitato fin dalle prime battute il dibattito che ha portato al deposito, lunedì 27 gennaio , di una proposta di legge sullo smartwork. Un punto di arrivo e un punto di partenza allo stesso tempo. Le tre deputate che l’hanno firmata – Alessia Mosca (Pd), Barbara Saltamartini (Nuovo centrodestra), Irene Tinagli (Scelta Civica) - hanno il merito di aver aggiunto un punto all’agenda del lavoro.

Smartwork o lavoro agile (a proposito, forse sarebbe l’ora di metterci d’accordo e battezzare questo modo di lavorare una volta per tutte!) non c’entrano con il telelavoro. Perché non ti obbligano a stare a casa sempre. Ma solo quando serve e ti fa comodo. Lasciano al dipendente la possibilità di organizzarsi come vuole. Eppure fino a ieri erano stati messi in un cassetto di cui si era buttata la chiave. «Sono andata a vedere quale è il primo convegno a cui ho partecipato sul lavoro a distanza: era il ’99, 15 anni fa, ti rendi conto?», si stupiva l’altro giorno al telefono Gianna Martinengo,  imprenditrice milanese con il pallino delle tecnologie e delle questioni di genere. «Pensavo che ci dovessimo rassegnare, invece…».

Martinengo non si è arresa e il prossimo 12 febbraio ha messo di nuovo attorno a un tavolo a Milano imprese, politica ed enti locali per vedere se si possono cambiare le cose. Non è l’unica. Da Siemens a Nestlé, a Vodafone: le multinazionali si stanno mobilitando sul tema dello smartwork. Microsoft, antesignana in quest’ambito, ha organizzato un incontro domani, in collaborazione con Herman Miller. La piazza è sempre la solita: Milano. D’altra parte il capoluogo lombardo ha promosso addirittura una giornata del lavoro agile. L’appuntamento è per il prossimo 6 febbraio. «Le aziende che hanno aderito sono ormai numerosissime e nuove se ne aggiungono ogni giorno-  fanno presente in Comune – la nostra sperimentazione coinvolgerà diverse migliaia di lavoratori». Certo, c’è da chiedersi se non sarebbe il caso di promuovere lo smartwork anche a Roma. Con i problemi di traffico della capitale, qualche volta fermarsi a casa a lavorare farebbe bene anche al traffico.

Detto tutto questo, eccoci a bomba, e cioè al testo di legge depositato in parlamento . Dal numero di ore da lavorare  in ufficio  e fuori alle modalità di organizzazione della giornata e di valutazione del lavoro: l’articolato (che qui alleghiamo nella prima versione di dicembre e in quella che ha tenuto conto di osservazioni e contributi dei cittadini) è improntato alla massima flessibilità. «Abbiamo acceso il dibattito e abbiamo fatto emergere tante esperienze. Ci sono le condizioni perché dal basso ci sia una pressione a modificare il modo in cui si lavora», si augura Alessia Mosca.

Le mail, i contributi arrivati attraverso la 27esima ora, che per prima si è fatta promotrice del dibattito su questo modo di lavorare, sono stati davvero numerosi. In gran parte sono arrivati da cittadini singoli, con competenze speciali in materia: giuslavoristi, addetti al personale, persone che il lavoro smart lo fanno già. Molti anche i suggerimenti delle singole aziende. Meno frequenti i contributi di associazioni e rappresentanze sindacali. Ecco: dov’è il sindacato? Eppure il suo contributo su una materia così delicata sarebbe prezioso.

Il lavoro agile è in qualche modo una rivoluzione culturale. Un lavoratore dipendente che decide da solo quando lavorare da casa e quando andare in ufficio, e poi viene valutato sui risultati, proprio come avviene per un lavoratore autonomo: non si era mai visto. Questa mobilità potrebbe avere il vantaggio di aiutare la conciliazione tra famiglia e lavoro e migliorare la vivibilità delle città. Il tutto senza appesantire la spesa pubblica. Ma lo strumento va modulato nel modo giusto. Come hanno fatto notare alcuni giuslavoristi, bisogna trovare il modo di valutare e retribuire anche il superlavoro di chi opera da casa. I cosiddetti straordinari.

Poi c’è il tema dei controlli da remoto da parte dell’azienda. E della sicurezza sul lavoro anche quando si sta a casa. La sfida è aperta. Riusciremo a vincerla?

Fonte: La 27ma ora