Congedi parentali, organizzazione dell'orario di lavoro nelle imprese, servizi come asili nido e trasporti. In una parola, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Per le donne innanzitutto «ma anche per gli uomini che dovrebbero riorganizzare i propri tempi di vita», puntualizza Maria Cecilia Guerra, viceministra del Lavoro con delega alle Pari opportunità.

Il gruppo di lavoro nominato dal ministro Giovannini si è riunito ieri per iniziare a dipanare la matassa. Obiettivo: portare a casa, entro il 15 maggio, un pacchetto di proposte, normative e non, per tentare di scalfire il granitico assetto dell'organizzazione di vita e di lavoro soprattutto delle donne. Poi la palla passerà al Governo che dovrà tradurle in iniziative concrete, servendosi anche della più agile via amministrativa e della leva dei finanziamenti.

Viceministra, quando si parla di tema di conciliazione di tempi di vita e di lavoro, parliamo dell'organizzazione delle donne?

Di solito lo si avverte come problema delle donne ma dovrebbe essere una questione che riguarda donne e uomini. Noi ci auguriamo che anche gli uomini abbiano bisogno di tempi di vita e in particolare di tempo da dedicare alla cura dei propri cari e possibilmente anche al lavoro domestico.

Chi avete chiamato a raccolta nel gruppo di lavoro? 
Ci sono gli esperti che tra giuslavoristi, economisti e sociologi sono otto. E poi abbiamo la rappresentanza delle amministrazioni coinvolte, quindi la consigliera di Pari opportunità, la rappresentante della Funzione pubblica per capire le problematiche specifiche del pubblico impiego.

Concretamente alla fine di questo lavoro cosa succederà? 
È un gruppo di lavoro consultivo dal quale ci aspettiamo delle proposte specifiche sul tema della conciliazione che poi noi valuteremo, in quanto poi si tratterà in parte di proposte onerose, in parte di proposte non onerose, di proposte che richiederanno interventi normativi, altre che possono essere risolte in via amministrativa, altre ancora che coinvolgono le competenze degli organismi decentrati.

Quali sono i temi della conciliazione che ieri mattina avete inziato ad aggredire? 
Il tema in sé è vastissimo e ci stiamo concentrando su tre filoni principali. Il capitolo dei congedi e la parte che riguarda il telelavoro, lo smart work, le opzioni del part time. Ma sopratutto congedi, di maternità e paternità, nonché quelli parentali. A questi poi aggiungono i congedi di cura e quelli per i familiari disabili e per l'assistenza agli anziani. L'altro filone riguarda proprio l'organizzazione dei tempi di vita e di lavoro e quindi poggia sulle esperienze che sono state fatte nelle imprese, soprattuto di grandi dimensioni. E su questo aspetto faremo anche delle audizioni molto mirate per cercare di capire che cosa possiamo imparare dalle buone pratiche che sono state messe a punto in tutti questi anni, anche con il finanziamento delle Pari opportunità o della Famiglia. Anche perché sappiamo che le associazioni datoriali e quelle sindacali hanno proposte che vogliamo ascoltare. Infine il terzo capitolo riguarda in senso lato i servizi, come gli asili nido, i cosiddetti servizi "out of school", le reti informali di sostegno. Ma ci piacerebbe dare alcuni flash anche sull'organizzazione dei trasporti.

Cosa è emerso ieri mattina nel primo "giro di tavolo"? 
Abbiamo iniziato ad affrontare il tema dei congedi, ma sarebbe assolutamente prematuro adesso entrare nel merito ed anticipare alcunché. Anche perché al momento ci si è limitati ad illustrare una relazione iniziale su cui incardinare il confronto. Ma stiamo ancora raccogliendo le idee partendo dai problemi che sono sul tavolo. Tanto per dare un'idea, ci sono due tipi di ostacoli principali: la completezza–incompletezza della copertura per quanto riguarda figure diverse dal tradizionale lavoro dipendente, e quindi lavoro atipico e lavoro autonomo. L'altro è capire a che punto siamo con l'applicazione della norma che è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge di stabilità dell'anno scorso che conteneva il recepimento di una direttiva europea sul frazionamento orario nella possibilità di usufruire dei congedi.

Cosa si aspetta dai lavori di questo tavolo? 
Io credo che il tema della conciliazione sia cruciale per le pari oppportunità. Non farsi carico della difficoltà enorme che stiamo ponendo tutta sulle spalle delle donne che devono tenere insieme oltre la propria attività lavorativa anche tutta la parte familiare e di cura e quindi bambini, anziani, disabili, sia un gesto di una cecità totale che non ci permetterà di andare da nessuna parte. La prospettiva in questo caso è quella di non fare più figli, o di smettere di lavorare, o di consegnare gli anziani a una qualità della vita infima. Quindi mi aspetto da questo gruppo di lavoro al quale abbiamo dato volutamente un tempo molto ristretto, il 15 maggio, alcune proposte praticabili da subito per cominciare ad aggredire i problemi.

Una questione che le sta particolarmente a cuore? 
Sul tema dei congedi abbiamo la possibilità di formulare proposte immediatamente operative.

Venendo al tema dei fondi, su quali risorse può contare il tema della conciliazione? 
Le diverse amministrazioni che hanno competenza nel campo della conciliazione hanno anche qualche fondo a disposizione. Ma i fondi delle Pari opportunità e quelli della Famiglia e del Lavoro sono stati in parte condizionate dall'applicazione di alcune leggi, ma sono stati utilizzati soprattutto a sostenere alcuni progetti meritevoli sul territorio. Quello che ho in mente è una strategia da un lato più ampia che può richiedere poche o molte risorse, metteremo in fila le proposte anche in base alla loro onerosità e poi naturalmente si rimanderà tutto alle scelte politiche del Governo.

Veniamo al rapporto con le imprese, che rappresenta il principale interlocutore per alcune di queste strategie verso la conciliazione. Come la mettiamo con le aziende italiane, sopratutto quelle di non grandi dimensioni, che oggi peraltro affrontano una crisi che è sotto gli occhi di tutti? 
È possibile trovare delle soluzioni organizzative che non comportino costi per le imprese. In alcuni casi ci sono delle rigidità oggettive legate alla tipologia della produzione, è vero. Ma in altri casi l'impresa che riesce a trovare una modalità organizzativa alternativa – prendiamo ad esempio la flessibilità degli orari di ingresso di uscita o le banche del tempo, ma anche il lavoro a distanza in forme più "soft" del classico telelavoro – si trovano poi a godere di una maggiore produttività del lavoratore. Per una serie di ragioni: per esempio il minor ricorso a congedi che è un costo per l'impresa. Ma anche in termini di produttività legata alla serenità sul posto di lavoro.

Fonte: Il Sole 24 ore