Forse il nome del progetto -"Maggiordomo Digitale" - è un po' fuorviante. L'idea e anche la messa in pratica,  invece, sono brillanti.  Si tratta di un piano sperimentato da sette piccole aziende lombarde a guida femminile e di settori diversi, per aiutare i dipendenti - 95 in tutto - a prendere confidenza con le nuove tecnologie per la formazione e il lavoro a distanza, a tutto beneficio dell'organizzazione, del bagaglio professionale e dell'aggiornamento dei singoli. Ma, soprattutto, del work-life-balance. Come dire, per stare nella metafora del maggiordomo, che "Quel che resta del giorno" incontra lo smartworking. Tema molto di moda in queste settimane, dopo la Giornata del Lavoro Agile lanciata con successo dal Comune di Milano - ma tutt'altro che nuovo. Di telelavoro, o come lo si vuol chiamare, se ne parla perlomeno dal 1999.  
Lo ha ricordato l'altro ieri, al convegno di bilancio dell'iniziativa in Provincia, Gianna Martinengo, pioniera dell'incontro tecnologie-lavoro-donne-flessibilità amica, vicepresidente vicario della Fondazione Fiera Milano e fondatrice di Didael Kts, software house che ha creato e sviluppato l'e-Maggiordomo. Ma é solo da poco tempo che, nelle aziende,  si cominciano a intuire davvero potenzialità e valore, organizzativo e motivazionale, dell'impiego delle tecnologie quando le si usa per modificare il format della giornata lavorativa (i dipendenti, invece, lo hanno capito benissimo subito).

Che fosse questione di banda e di costi nessuno lo nega. Però è il quid di consapevolezza e di cultura l'elemento chiave che  ha cambiato lo scenario. Si potrà anche parlare di "wearable working" in un futuro prossimo, ha ricordato Martinengo, ma la verità è che "le tecnologie sono innovazione solo quando migliorano la qualità della vita. Sennò sono solo gadget".  Giusto: il punto di vista è squisitamente femminile, condivisibile anche dagli uomini, però. Magari con un po' di fatica. "E dietro - ha insistito Martinengo - ci deve essere l'analisi accurata dei ruoli delle persone e dell'organizzazione".  Abbiamo capito finalmente, adesso e non prima,  che il lavoro è un sistema di conversazioni e di funzioni integrate: mai come oggi si fa uso del perfisso "co-": co-designing, co-planning, co-working... E che  l'anello finale della catena è la connessione con la vita privata, quella familiare e fuori dalle mura aziendali. 
L'obiettivo del "Maggiordomo digitale" - che poggia ecoonomicamente su un bando biennale cofinanziato dalla Regione Lombardia in materia di welfare aziendale  e interaziendale e praticamente su una piattaforma-ambiente di e-communication con webcam - era abbattere il digital divide di cui soffrono le imprese di piccole dimensioni, permettendo alle imprenditrici, ai dipendenti e anche ai loro familiari (altra novità) di usufruire di attività di formazione in e-learning (550 ore erogate); di certificare i risultati e renderli oggettivi e spendibili con l'ottenimento della patente del computer ECDL (167 gli esami sostenuti, il 78% dei quali superati e l'attività di verifica é ancora in corso); di offrire ai 95 lavoratori modalità di  lavoro a distanza senza sentirsi isolati e messi all'angolo e benefit non tradizionali: non ticket restaurant, ma buoni libro.

L'attività è stata monitorata  e valutata da un organismo terzo nei risultati quantificabili, come come sarebbe opportuno si facesse sempre con i progetti finanziati.  Ma l'altra mattina, all'incontro in Provincia, le imprenditrici di due delle realtà partecipanti - Lamiflex e Giostra - hanno dato conto anche del cambio di mentalità che si sono portate a casa dopo l'esperienza: entrare in un'ottica di condivisione e di conoscenza reciproca che spazia oltre la vita lavorativa in azienda è un plus immateriale. L'altro, non meno importante, è che il fatto di prendere coscienza delle proprie competenze - come richiedeva il progetto di e-learning - e di valorizzarle incrementandole  "per molte lavoratrici é stato come aprire una finestra sul futuro". In parole semplici, è quel che si chiama employability, impiegabilità, con l'espansione del potenziale, delle "life skills" di chi lavora, indipendentemente dal posto presente. "Un compito che riguarda sempre più anche le aziende, non solo il sistema dell'istruzione", ha commentato Anna Maria Ponzellini, esperta di  di organizzazione del lavoro e politiche del welfare che, con Apotema, ha partecipato al progetto.
Dalle imprenditrici, a questo punto, è arrivata la richiesta di una legge quadro facilitatrice che favorisca e regoli insieme lo smartworking nelle piccole imprese.  Che i tempi siano maturi lo ha confermato anche Alessia Mosca del Pd, firmataria in dicembre con Irene Tinagli (SceltaCivica) e Barbara Saltamartini (NCD) di una proposta di legge "tripartisan" (per le iniziative parlamentari delle donne  non é una novità) che punta sul cambiamento della cultura manageriale e sull'alleggerimento delle normative che, ha detto Mosca, darebbe vantaggi sulla produttività ma avrebbe anche effetti sulla politica industriale "perchè così crescerebbe la domanda di questo tipo tecnologie". E (qui parla la blogger) quella di professionalità elevate e giovanili, con un traino virtuoso  dell'occupazione di qualità.   Nel giorno delle dimissioni del Governo, non c'è che sperare . E ribadire l'invito - pressante - a fare in fretta.       

Fonte: Il Sole 24 Ore (Articolo di R. Santonocito)