Coworking, fabLab, maker. Sono i nuovi job center dei professionisti del futuro, grazie al web. Un'indagine della Fondazione Ivano Barberini li ha contati.

Sono quasi trecento, sono giovani e forti e soni vivi e vitali. Sono le nuove fabbriche, i luoghi dove si fa innovazione. C’è un’Italia che lavora sottotraccia, che fa innovazione quotidiana e che si connette tutti i giorni con il futuro. C’è un popolo di partite Iva, free lance, artigiani digitali, prototipisti che si riunisce in luoghi comuni ma originali e crea lavoro e occupazione. E’ questo il fenomeno che passa sotto il nome del coworking, dei fabLab, dei maker e degli start upper. Sono i nuovi protagonisti del lavoro. Cambiano i luoghi, gli spazi, ma anche i profili, i modi di lavorare. Il coworking non è solo uno spazio fisico ma uno stile, fatto di condivisione di un ambiente di lavoro, con postazioni informatiche e una connessione veloce, dove si mantiene un’attività indipendente.Fine del taylorismo e avvio di un nuovo modo di lavorare? I coworker non lavorano per la stessa azienda, sono professionisti che solitamente lavorano da casa, liberi professionisti o free lance, che creano una comunità di coworking. FabLab deriva sa Fabrication laboratory, e non è né una fabbrica né una bottega artigiana, ma uno spazio in cui sono disponibili alcune tecnologie rappresentate solitamente da una macchina a taglio laser, una stampante 3D, una fresa a controllo numerico, una macchina per la prototipazione rapida. A censire queste nuove realtà con una mappatura e un’indagine di sfondo è la Fondazione Ivano Barberini, che ha censito 246 realtà: 191 coworking, 45 Fab Lab, 10 coworking comprensivi di Fab Lab. Al nord sono 150, al centro 59, al sud 37.  

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