L'intervista Luti, presidente del Salone del Mobile: «Basta alibi, da qui può partire la riscossa di tutto il Paese»

È un appello a nuove alleanze, una sfida a «metterci tutti la faccia», un richiamo a non arrendersi «in un momento così difficile». Ma è anche la consapevolezza di essere ancora i migliori almeno in alcuni settori di avere tutti gli strumenti per «risollevarsi», di possedere talento e stile. Claudio Luti, presidente del Cosmit, la società che organizza il Salone del mobile, e proprietario di Kartell, design in plastica distribuito in 13o Nazioni, avverte: «Il rilancio del Paese deve partire da noi imprenditori della creatività». Stilisti, architetti, progettisti, capitani di azienda, designer. «E Milano, in questo senso, può giocare un ruolo fondamentale».


Perché proprio Milano?
«Perché è qui che l'Italia si gioca la sfida del prossimo futuro. Nel 2015 c'è Expo, sarà quello il banco di prova. Non possiamo mancare questo appello».

In concreto?
«Usiamo Milano come immagine dell'Italia che sa innovare e innovarsi. Ne ha le qualità, il background culturale, gli strumenti e le persone. Milano ed Expo devono essere íl modello di sistema per far convergere non interessi privati e appetiti di business, ma per fare del nostro Paese un esempio di efficienza».

Addirittura?
«Crediamoci, si può. Durante le sfilate di settembre, per esempio, si è respirato un clima nuovo, si è cominciato a capire cosa voglia dire fare sistema, parola drammaticamente necessaria in questo periodo di instabilità politica ed economica. E il Salone del mobile, con la sua energia, vitalità, capacità attrattiva, è già un esempio da cui cominciare».

Expo sarà un Salone del mobile lungo sei mesi?
«Sto dicendo che design, moda e cultura dell'alimentazione devono unirsi in un brand unico. Da Milano può partire un -concreto progetto di marketing territoriale».

E le altre città?
«Non possiamo perdere un'occasione simile per puro campanilismo. Se vogliamo vincere la sfida internazionale e affermare il nostro sistema industriale, dobbiamo impegnarci insieme per riconoscere la centralità di Milano e delle sue eccellenze. Esattamente quello che fanno le altre città del mondo, in cui istituzioni e privati collaborano per uno stesso obiettivo».

Le istituzioni, diceva. Davvero non chiedete niente?
«Noi puntiamo sulle nostre forze. Agli enti pubblici chiediamo di accompagnarci in questo cammino: vogliamo solo essere messi in grado di competere. Se combattiamo alle stesse condizioni degli altri, non siamo secondi a nessuno».

E Parigi? E Londra? New York?
«Fanno un marketing strepitoso, sono bravi a promuoversi. Ma la creatività e l'innovazione sono da noi. Basterebbero meno lacci, meno burocrazia e saremmo imbattibili».

Cosa serve ora?
«Noi imprenditori dobbiamo metterci in gioco per difendere la nostra leadership. Ho accettato di fare il presidente del Salone del mobile perché è questo il nostro capitale, la cui forza viene dalle imprese».

Da dove arriva tutto questo ottimismo?
«Dobbiamo essere positivi e fare quello che sappiamo fare. Senza giocare in difesa. Ma dimostrando coraggio e generosità. I problemi dell'Italia non possono essere un alibi per scappare. Expo ce lo impone. E un appello a me stesso e a tutte le persone che vogliono bene a Milano».

Sempre Milano al centro.
«Certo. Milano è formazione universitaria, cultura, business. E allora chi dice che la città è grigia, adagiata sul suo passato, non ne comprende fino in fondo il valore. Il miracolo esiste ancora e parte da Milano. Ma deve estendersi a tutto il resto del Paese».

Fonte: Corriere della Sera