Notiziario tematico

Ni hao! C'è un Toeffl anche per la lingua cinese "alta", il mandarino, si chiama HSK e, come ci racconta Emma in questo post, in Italia è un boom di iscrizioni agli esami, perchè conoscerlo bene è utile per il lavoro. I candidati sono giovani italiani oppure cinesi che vivono da noi, nell'Italia multiculturale che c'è ed è una cosa diversa dalle inquadrature a tinte forti dei media. Sono i ragazzi delle "seconde generazioni", e da quest'anno c'è anche un test apposta per i bambini, ma anche qualche italiano ci prova...Bellissimo!

Quest’anno, a Milano, erano più che mai. Duecento studenti di lingua cinese hanno affrontato, sabato 16 maggio, oltre due ore di test per stabilire il proprio grado di conoscenza del mandarino. Duecento persone suddivise a seconda della difficoltà dell’esame scelto: 126 hanno partecipato al test di livello basic (jichu), 37 all’intermedio (chuzhong), 7 a quello elevato (gaodeng). Non solo: c’erano anche 30 bambini che hanno preso parte all’esame di 45 minuti per minori di 15 anni (xiao’er).
Il numero degli esaminandi in cinese è in salita anno dopo anno: nel 2008 a Milano erano 180, ma nel 1999, quando l’Università degli Studi di Milano divenne la prima sede per il test in Italia, erano appena 40. Effetto di una immagine della Cina che anche in Italia sta cambiando: se fare i conti con Pechino è ormai diventato inevitabile, un numero crescente di giovani è spinto a puntare sul mandarino per darsi una chance in più nel mondo del lavoro. Così, mentre negli atenei italiani si moltiplicano i corsi di cinese, aumenta anche il bisogno di imparare la lingua meglio degli altri. E di avere qualcuno che lo attesti in modo ufficiale.
Lo Hanyu Shuiping Kaoshi (HSK), organizzato dall’Office of Chinese Language Council International (abbreviato in cinese Hanban), è proprio questo: l’unico esame ufficiale per valutare la conoscenza del cinese. Funziona un po’ come il Toefl, o come i test delle altre lingue: le domande arrivano in buste sigillate dalla Cina, gli esaminandi vengono guidati nelle varie prove da una voce registrata in cuffia e le risposte vengono spedite a Pechino per essere valutate direttamente dalle commissioni cinesi.
Il test inizia con il tingli (ascolto), procede con la yufa (grammatica) e finisce con la yuedu (lettura e comprensione).
La difficoltà delle domande e dei testi è in crescendo e le diverse parti e risposte non sono valutate in modo identico. «A dire il vero, i criteri di valutazione sono sconosciuti, il punteggio assegnato alle risposte è variabile», spiega Clara Bulfoni, referente responsabile per l’esame alla Statale di Milano, ricercatrice del Dipartimento di lingue e culture contemporanee della facoltà di Scienze politiche e docente di lingua cinese a Mediazione linguistica e culturale.
Il boom dell’HSK non riguarda soltanto l’Italia: nel 2008, sono state più di 400mila in tutto il mondo le persone che hanno preso parte al test; nel 1990, anno di avvio sperimentale dell’esame, erano meno di 2500. Effetto anche del moltiplicarsi delle sedi d’esame, passate da 3 in 3 paesi nel 1991 a 126 in 50 paesi nel 2008.
In Italia oggi anche Venezia, Roma e Napoli sono sedi d’esame HSK. «Ma – sottolinea Bulfoni - Milano è stata la prima in Europa a offrire, quest’anno, anche il test per i bambini. I trenta che lo hanno provato sono quasi tutti cinesi di seconda generazione, figli di immigrati che rischiano di perdere la loro lingua madre. C’è anche una ragazzina italiana: ha 15 anni. Credo che il numero dei giovanissimi che provano il test aumenterà velocemente nelle prossime edizioni».

Fonte: Il Sole 24 ORE
Dal momento in cui il PC viene collegato ad Internet, esso diventa un potenziale bersaglio dei cybercriminali.
Proprio come una casa non protetta permette un facile furto ai ladri, un PC non protetto è una porta aperta per i creatori del malware (abbreviazione di malicious software) e per i cybercriminali che li sponsorizzano.

Fonte: Key4Biz
Il mancato accordo sulla data, avrebbe fatto saltare il tanto atteso incontro tra Microsoft e i commissari dell'Unione Europea, nel quale la società americana avrebbe dovuto difendersi dalle accuse di abuso di posizione dominante nel settore dei browser per la navigazione in internet.

Fonte: Key4Biz
Quelle donne che domano i «bisonti»
Rosa: al volante sono veramente libera. Marzia: per i 25 anni di nozze vorrei andare in Lapponia con il nostro tir

MODENA - Chi non associa la figura del camionista al viaggiatore un po' solitario con lo spirito "on the road"? Chi non ha passato le ore a leggere gli pseudonimi dei conducenti di tir scritti con le lucine e i led sui parabrezza, immaginando le loro destinazioni nelle dogane, negli interporti, dopo interminabili viaggi notturni intervallati dai truck stop? Ma qualcosa è cambiato e da qualche anno a bordo delle cabine dei bisonti non ci sono solo amuleti kitsch, poster o calendari osé con l'ultima ragazza di Playboy. Sempre di più fanno la loro comparsa oltre quei vetri tendine di raso ricamate a mano, tappetini leopardati e targhette con soprannomi che poco hanno a che fare con l'identikit del camionista tradizionale. Sono donne al volante, di quelle però che la sanno lunga, altro che aneddoti e barzellette. Hanno sì le mani unte di grasso per aver cambiato un pneumatico da 70 chili, perché anche loro, come i colleghi uomini, ci pensano due volte prima di chiamare il gommista. Ed è con questa filosofia che le Lady Truck si fanno largo con i loro tir per le strade dell'Italia a suon di chilometri con il sudore e la fatica. Solo in questa associazione sono ben 120, tutte italiane, e le si può riconoscere grazie alle t-shirt rosse con le scritte «Pink road, buona strada».

30 MILA KM AL MESE - «Sono 15 anni che guido i tir e posso dire con certezza che siamo sempre di più a fare questo mestiere - ci racconta Gisella Corradini, modenese di 43 anni, che tutti i giorni parte da Fiorano, alle porte di Modena, a pochi passi da Maranello e percorre 500 km per trasportare merce leggera ai cargo city dell'aeroporto di Malpensa -. A occhio e croce siamo sicuramente almeno un migliaio in tutta la Penisola. Viaggiando di notte come faccio io ho incontrato molte donne che fanno quasi sempre la stessa tratta. È così che è nata l'idea di radunarci in un’associazione e ribattezzarci "Lady Truck". Sentivamo l'esigenza, non avendo un sindacato di categoria che ci rappresenta, di unirci per condividere le nostre storie, per darci dei buoni consigli sulla sicurezza stradale e su come fare al meglio questo mestiere. Ed è bastato un passaparola per essere qui a condividere questo lavoro come un'autentica rivelazione». Anche se molte di loro sono dietro alle quinte e preferiscono l'anonimato. «È vero ci sono molti "angeli della strada"- conferma Anna Manigrasso, presidentessa di Assotir - e questo tessuto sociale di donne invisibili in realtà è ben strutturato nel mondo dell'autotrasporto. Abbiamo a che fare con donne concrete, con un grande temperamento, che si muovono nel rischio e che spesso a casa hanno delle famiglie. Molte di loro aiutano il marito della conduzione dell'attività. È chiaro che questo lavoro lo si può solo fare con il coraggio e la passione». Passione, che per alcune di loro significa guidare autotreni lunghi 18 metri, con a bordo 150 quintali di merce.

«LA MISTERIOSA» - È il caso di Rosa Di Gregorio, 31 anni di Orgiano, un piccolo borgo di 3.175 abitanti che sorge alle pendici dei Colli Berici, nella bassa provincia vicentina. «Mio papà è camionista da più di trent'anni, qualche anno fa viaggiava insieme a mia mamma, che è anche lei è un'attenta guidatrice e navigatrice. In famiglia siamo tre figlie e a un certo punto, dopo la maturità, ho deciso che avrei iniziato a guidare per essere utile alla nostra causa. Nessuno se lo aspettava e solo mio papà mi ha incoraggiato fino in fondo. La maggior preoccupazione erano le notti. Ho fatto esperienza e ora tutti i giorni guido il mio autotreno da Verona fino a Bolzano o Merano e mi sento finalmente libera». Libertà che spesso viene messa alla prova dai trasferimenti notturni, che sono preferiti per la minore circolazione di altri autoveicoli. Saliamo con Rosa a bordo del suo tir e con lei iniziamo un viaggio e subito alla prima curva incrociamo un altro camion che lampeggia i fari. «Ci conosciamo tutti e comunichiamo via radio con i cb (ricetrasmittenti veicolari portatili, ndr) che ci tengono compagnia durante i tragitti. Ognuno di noi ha un nome di battaglia e io mi chiamo "Misteriosa"». Rosa impugna il ricevitore e dall'altra parte c'è "Lupo", un camionista che provvede a dare dei consigli alla collega : «Ciao Misteriosa, le strade sono pulite, non c'è molto traffico. Buon lavoro e per qualsiasi cosa chiamami». Il maggior timore quando si guida per ore un bestione in autostrada è la notte nelle aree di servizio. «Bisogna stare molto attente - riprende Gisella - e occorre farsi furbe. Con gli anni abbiamo imparato a evitare piazzole poco illuminate e poco raccomandabili. Una volta chiuse nel tir, siamo al sicuro».

MARZIA, «IL JOLLY» - Il nostro viaggio a bordo dei tir continua e a Salsomaggiore ci aspetta Marzia Guareschi, 44 anni e due figli. «Sono nata sul camion, ho sposato un camionista (il marito Enzo Rigolini, ndr) e ho allattato i miei figli sui tir. Da sei anni sono il jolly dell'azienda e guido a turno tutti i cinque tir che abbiamo a disposizione per fare delle consegne di mangimi per animali». La tratta di Marzia è la Salsomaggiore-Perugia, tutti i giorni. A volte accompagna il marito, spesso va da sola, ma preferisce guidare di giorno. «Mi piace da impazzire questo lavoro e ho realizzato il sogno della mia vita, grazie a mio marito che non mi ha mai ostacolato. Ha capito subito che tra me e il tir c'era un feeling speciale, perché oltre ad occuparmi dei figli e della contabilità, cambiavo i flessibili e le lampadine». Ma non è solo il fascino della guida, il segreto di tanta abnegazione. «Per me il tir è una casa e spesso ho il piacere di condividere i viaggi con Enzo - ci racconta con la luce negli occhi Marzia -. Abbiamo scoperto che nella cabina di guida riusciamo a parlare di tutta la nostra vita con maggior disinvoltura». Ma non solo parole nelle cabine, anche progetti: «Vorremmo festeggiare il nostro 25° anniversario di matrimonio girando per l'Europa sul nostro Tir, fino ad arrivare in Lapponia». È quasi sera e la notte scende come un sipario, per alcune di loro le luci della strada sono come i sogni.

Fonte: Corriere della Sera