Fare impresa

Il suggerimento del Fondo monetario internazionale all'Italia arriva da un documento secondo cui è urgente superare il nanismo delle aziende. Servono maggiori sforzi e riforme strutturali

L'Italia si preoccupi meno del costo del lavoro e spinga l'acceleratore sull'innovazione. Il suggerimento arriva dal Fondo monetario internazionale, secondo cui le riforme per superare il nanismo delle aziende e avere più competitività sono più urgenti perché il costo del lavoro è "sempre meno importante" per la competitività globale delle imprese italiane. In sostanza per colmare il divario con le aziende internazionali servono sempre più gli sforzi e le riforme strutturali per "innovare ed espandere" le dimensioni d'impresa.

Lo studio, dell'economista Fmi Andrew Tiffin, punta a "delineare alcune implicazioni per l'agenda di riforme strutturali" delle autorità italiane". Il 'paper' parte da una valutazione di base: c'è un "gap di competitività" dell'Italia contro i principali competitor europei che hanno introdotto misure strutturali. Ma "il settore commerciale italiano continua a collocarsi fra i leader mondiali, a differenza di altri Paesi europei".

In meno di 3 anni sono nati col contributo del Comune 6 incubatori d’impresa, per circa 200 start-up già avviate con un investimento di circa 5 milioni di euro sulle idee innovative dei giovani.
 
Dalla riqualificazione di terreni abbandonati in orti urbani coltivati in condivisone di TerraXchange alle aste di beneficenza on line  con vip e aziende a favore di progetti sociali realizzate da CharityStars, passando per lo sviluppo di compattatori urbani di bottiglie in plastica di Geomundis  o  il nuovo network per mettere in relazioni imprese agricole, operatori sociali e consumatori di prodotti agricoli sviluppato da Social Experiece, fino a un innovativo dispositivo elettronico per monitorare i parametri e i tempi dei nuotatori professionisti e amatoriali realizzato da Xmetrics. 

Questi i cinque progetti d’impresa sociale che da idee e intuizioni si trasformeranno in vere e proprie imprese grazie alle opportunità e ai percorsi formativi messi a disposizione da FabriQ, il primo incubatore del Comune di Milano specificatamente dedicato all’innovazione sociale, inaugurato lo scorso gennaio dal Sindaco. A selezionare i progetti vincitori, su una rosa di 12 finalisti individuati tra gli oltre 50 partecipanti al bando (chiuso a marzo), una commissione di esperti di alto livello. Menzione speciale per il progetto Omog, che propone la produzione e commercializzazione di omogeneizzati e vellutate biologiche: pur non essendo tra i vincitori la start-up potrà seguire il percorso di incubazione di FabriQ.

Dal 1997 a oggi un’ottantina di produzioni hanno fatto marcia indietro. Luciano Fratocchi (Uni-CLUB MoRe Back-reshoring): “I motivi principali? L’aumento dei costi, l’effetto made in e la necessità di rispondere rapidamente ai mercati”. Ma non c’è solo la rilocalizzazione. Cresce anche il near reshoring, l’avvicinamento delle imprese al Paese di provenienza.

Delocalizzare? Sì, ma in Italia. Se la globalizzazione ha spinto centinaia di aziende a trasferirsi all’estero, tra la Cina, il Sudest asiatico e l’Europa orientale, negli ultimi anni c’è stato anche il fenomeno opposto: la rilocalizzazione (definita tecnicamente "back reshoring").  Decine di aziende fanno dietrofront e riaprono gli stabilimenti in Italia perché il vantaggio economico del produrre all’estero è diminuito e i mercati richiedono molto più spesso prodotti 100% made in Italy. A studiare il fenomeno, dal 2010, è Uni-CLUB MoRe Back-reshoring, un gruppo di ricerca interuniversitario di cui fanno parte docenti delle Università di Catania, L’Aquila, Udine, Bologna e Modena-Reggio Emilia.

[Back in Italy, 10 aziende che tornano in Italia]

Secondo gli studi di Uni-CLUB MoRe Back-reshoring, dal 1997 al 2013 le linee produttive riportate in Italia sono state 79, la maggior parte delle quali negli ultimi cinque anni, in piena Grande Crisi. Nel 2009, per esempio, sono stati contati 16 casi. L’anno scorso, invece, i ritorni sono stati undici. Così come nel 2011. Numeri che pongono l'Italia al primo posto tra i Paesi europei in cui si sono verificati più dietrofront.

La Camera di Commercio di Milano presenta un percorso guidato per accompagnare l’aspirante imprenditore verso le informazioni necessarie per la creazione d’impresa. Per coloro che sono già imprenditori, tutte le informazioni utili su adempimenti e corsi di formazione e aggiornamento.

Le sezioni che compongono il manuale d’impresa sono:

Voglio avviare un’impresa – cosa devo fare, quali sono le autorizzazioni necessarie, come iscriversi al registro d’imprese, come ottenere assistenza ad hoc…

Ho appena aperto un’impresa – come attivare la posizione, depositare il bilancio, ottenere finanziamenti e contributi, aderire a un incubatore…

Sono impresa – come fare ad avere la firma digitale, pagare il diritto annuale, tenersi informati su dati e prezzi dell’economia locale, come risolvere una controversia, come tutelare la propria attività, la formazione per i propri dipendenti…