Welfare innovativo

È vero che una donna che lavora fa meno figli? Un’analisi mostra come questa idea sia infondata. Contano i contesti territoriali e le politiche predisposte dai comuni per i servizi all’infanzia. I quali a loro volta rispondono a logiche ben precise. Vediamo quali.

Negli ultimi decenni si sono verificati importanti cambiamenti nel mondo del lavoro e, in senso più ampio, nella società: è andata aumentando l’occupazione femminile e le relazioni tra partner sono andate orientandosi verso modelli famigliari improntati a forme più paritarie di divisione dei compiti tra uomo e donna. Questi cambiamenti avrebbero dovuto essere accompagnati da politiche del lavoro e dei servizi volti a favorire il bilanciamento tra tempi di vita e tempi di lavoro. L’idea del work-life balance nasce dalla ricerca di un equilibrio tra lavoro dentro e fuori la famiglia, tema centrale delle politiche di promozione e sostegno dell’occupazione femminile in Italia e in Europa. Conciliare significa mettere le coppie nelle condizioni di poter prendere delle decisioni in base alle proprie aspettative ed ai propri progetti di vita. Se le politiche della famiglia non sostengono le scelte di lavoro, ne deriverà un impatto sulla povertà e sulla distribuzione dei redditi nel paese. Occorre dunque investire nella valorizzazione e nel sostegno del lavoro femminile, risorsa preziosa per tutta la società.

Sono questi alcuni dei dati presentati oggi dal Comune di Milano per dimostrare come il lavoro agile o smart working può davvero beneficiare a tutti. Numeri alla mano, quelli raccolti dalle 97 aziende aderenti alla giornata del lavoro agile, lo scorso 6 febbraio: 324 giornate lavorative di 8 ore ciascuna "recuperate" evitando inutili spostamenti per lavoro; quasi due ore (112 minuti) in più a disposizione delle persone che hanno lavorato in remote, oltre alle 32 tonnellate in meno di C02 nell'aria.

Come hanno utilizzato questo tempo i lavoratori "smart"? In parte anche per lavorare, quindi con un  aumento di  produttività a "costo zero" per l'azienda, oltre che di motivazione e benessere per le persone. Un primo importante esperimento, di "contaminazione" - 48 aziende lo hanno sperimentato per la prima volta - che serve per evidenziare, e auspicabilmente poi superare, qualche falso pregiudizio sulla fattibilità del lavoro agile, o smart working che dir si voglia. "Il lavoro agile è una nuova modalità di lavoro - ha spiegato l'ideatrice dell'iniziativa Chiara Bisconti, Assessora al Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero, Risorse umane del Comune di Milano - che serve ad aumentare produttività aziendale e benessere delle persone, ma anche un impatto importante sulla mobilità urbana".

Un modello di sviluppo professionale innovativo che ormai si definisce un “movimento”. Ma di cosa si tratta?

Nel mese di novembre Barcellona ha ospitato la terza edizione della conferenza internazionale Coworking Europe, un’occasione di incontro, confronto e formazione dedicata a tutti coloro che nel mondo gestiscono spazi di coworking. Ma di cosa si tratta esattamente? Opportunità di business, condivisione di spazi, scambio di idee. E persino welfare. Un modello di sviluppo professionale innovativo che ormai si definisce un “movimento”. Perché c’è un’idea imprenditoriale più ampia, dietro a quella che potrebbe sembrare semplicemente la scelta di utilizzare spazi comuni.

Il fenomeno del coworking nasce in Europa nei primi anni ’90 ma si sviluppa nell’arco del decennio successivo soprattutto negli Stati Uniti, per poi “tornare” nel vecchio continente in anni più recenti. Secondo il magazine Deskmag nel 2012 solo in Europa c’erano 878 spazi di coworking. A dimostrazione della diffusione del fenomeno, nel 2013 è nato il network americano Coshare: un’associazione di “luoghi - si legge nella presentazione del network - in cui le persone attraverso la condivisione degli spazi condividono le idee” nata per educare professionisti e aziende, organizzare eventi e workshop, e sensibilizzare gli amministratori locali circa i benefici di questa soluzione organizzativa. C’è poi il Coworking Wiki Project, un portale destinato a raccogliere informazioni utili e best practice aperto ai contributi di tutti i membri della community del coworking.

Il lavoro agile serve alle donne (e agli uomini) che vogliono conciliare famiglia e lavoro. In realtà non è solo questo. Il lavoro agile  – o smartwork, come lo chiamano gli inglesi, per intenderci la possibilità dei dipendenti di lavorare da casa uno o due giorni la settimana - serve anche a chi vuole fare carriera. O, meglio ancora, a chi vuole tutto: sia i  figli, sia le soddisfazioni sul lavoro.

A questa considerazione giunge un’indagine  Catalyst. Il centro di ricerca internazionale focalizzato su donne e lavoro (http://www.catalyst.org/knowledge/great-debate-flexibility-vs-face-time-busting-myths-behind-flexible-work-arrangements) nel 2013 ha intervistato 726 signore altamente qualificate, con laurea e master, che lavorano a tempo pieno.  Bene, nelle aziende con forme di flessibilità dell’orario di lavoro queste donne si dicono interessate alla carriera nell’83 per cento dei casi. In quelle dove la possibilità di organizzarsi con libertà non esiste, solo una su due è motivata a salire nella scala gerarchica.

Oggi la crisi ha creato tanti problemi ma uno lo ha spazzato via: le aziende non hanno  difficoltà a reperire  personale motivato. Quando il mercato del lavoro tornerà in quelle che ancora aspiriamo a considerare condizioni “normali”, allora l’offerta di un’organizzazione interna flessibile potrebbe diventare un vantaggio competitivo nell’attirare i migliori talenti.