Welfare innovativo

Lunedì 24 marzo 2014
Ore 9.20 - 13.00
Auditorium Gaber
Palazzo Pirelli, Piazza Duca d’Aosta - MILANO
 
Conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia molto spesso costituisce un’operazione assai ardua, soprattutto, ma non solo, per le donne: ci si trova, infatti, ad affrontare ritmi di lavoro che, a volte, non permettono di essere abbastanza presenti a casa con i propri cari, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Ma è davvero così difficile far incontrare i tempi della famiglia con quelli del lavoro? L’iniziativa di oggi vuole sfatare questo mito, anche con il contributo trasversale dei diversi Assessorati regionali coinvolti nell’evento, nell’ottica di educare e di far conoscere a tutti come, in realtà, sia costruttivo e virtuoso attuare buone pratiche di conciliazione sia per chi le applica sia per chi le riceve.

Giovani creativi crescono. Portare l’attività tra le mura domestiche è una scelta sempre più diffusa: i costi scendono e la possibilità di condividere idee aumenta.
 

Il computer in salotto e le pantofole sotto la scrivania. Che lo si chiami “lavoro agile” o smart working, fare della casa il proprio ufficio è una scelta sempre più comune. Tra i giovani creativi – grafici, video maker, illustratori- ma anche fra gli start upper e i piccoli imprenditori.  

I vantaggi? Si risparmia, è green e consente di non rinunciare alla famiglia – o alle proprie abitudini - per la carriera. Se il nostro Paese, stando ai dati dell’osservatorio della Scuola di Management del Politecnico di Milano, è uno dei fanalini di coda a livello europeo per il cosiddetto telelavoro nel 2013 (venticinquesimo su ventisette), ecco che nell’ultimo anno si registra un primo cambio di tendenza, con la percentuale del lavoro a distanza aumentata dell’otto per cento rispetto al 2012. «Pagare un affitto mensile per avere a disposizione uno studio che uso occasionalmente non ha senso», spiega Silvia Pastore, fotografa torinese.  

Partito il progetto pilota di flessibilità logistica promosso da Sanofi, azienda del settore della salute, che a febbraio ha siglato un accordo con le parti sociali per consentire ad alcuni collaboratori della sede di Milano di lavorare fuori azienda un giorno alla settimana. 

I primi dati dell’adesione al progetto sono positivi: la flessibilità è stata accordata a 83 persone, pari a oltre il 24% del totale dei collaboratori della sede Sanofi di Milano, dirigenti esclusi. Una percentuale decisamente superiore rispetto al 15%, limite stabilito nell’accordo sindacale, a dimostrazione  dell’attenzione dell’azienda sulle motivazioni alla base delle numerose richieste pervenute. Oltre il 76% delle adesioni provengono da donne (63 in totale), supportate principalmente da motivazioni legate alla gestione dei figli e all’assistenza ad un familiare, oltre a questioni logistiche legate alla distanza casa-azienda.

Perchè il lavoro agile stenta a divenire una prassi comune? In questa puntata di Adaptability prova a sciogliere l'arcano Francesca Sperotti, ADAPT Research Fellow.

È ormai opinione diffusa che il lavoro agile, il lavoro che non richiede una postazione fissa in un ufficio grazie all’uso diffuso delle più moderne tecnologie mobili, sia in grado di generare dei vantaggi a favore di aziende, lavoratori e città.  Le prime sarebbero in grado non solo di migliorare la propria immagine e rafforzare il fattore di engagement e inclusione del proprio personale, ma anche di disporre di un vantaggio economico derivante da una diminuzione dei costi di gestione, locazione e consumo energetico. Per i lavoratori, invece, vi sarebbe una maggiore libertà di scegliere “come, dove e quando” lavorare che, a sua volta, favorirebbe una migliore conciliazione vita-lavoro e un risparmio del tempo normalmente impiegato per raggiungere l’ufficio. Le città ne beneficerebbero in termini di minori livelli di inquinamento atmosferico e del traffico urbano ed extraurbano.

Tuttavia, questo nuovo modo di lavorare fatica a diventare prassi comune.

Accanto a un quadro giuridico che non riesce a seguire i continui cambiamenti del mondo del lavoro – si veda il caso del mancato decollo del telelavoro (L. Serrani, Nella prassi le ragioni del mancato decollo del telelavoro, ADAPTability/5), è possibile individuare almeno due ostacoli che spiegherebbero questo lento passaggio verso un nuovo modo di lavorare – definito Smart Working (si legga Marco Minghetti, Una legge per lo Smart Working: conversazione con Alessia Mosca e Michele Tiraboschi) – che riguarda non solo i mezzi tecnologici, ma anche e soprattutto gli aspetti di natura organizzativa e gestionale.

In primo luogo, lo stereotipo comune secondo cui il lavoro agile sia meno produttivo perché caratterizzato da una serie di difficoltà che renderebbero più difficile la gestione dei lavoratori in modalità virtuale, soprattutto quando si tratta di creare un rapporto di fiducia, generare sinergia, ridurre il senso di isolamento, valorizzare le competenze interpersonali e misurare la performance.