Welfare innovativo

16mila metri quadrati nel pieno centro di Berlino dove riunire alcune delle più importanti aziende dell’ambito digitale e supportare, come incubatore, startup che un giorno potrebbero raggiungere il successo delle “sorelle maggiori”. Apre oggi Factory Berlin, un intero palazzo utilizzato come campus tecnologico (analogo alla Sequoia Factory già esistente nella Silicon Valley dal 2008) , finanziato soprattutto da Google attraverso il suo programma dedicato agli imprenditori, Google Entrepeneurs.

Del progetto si parlava già da due anni, tempo utilizzato per ristrutturare completamente il l’edificio del quartiere Mitte (Rheinsberger Str. 76/77) scelto come hub. All’epoca dell’inizio dei lavori il responsabile strategie di Google Max Senges aveva affermato: “A Berlino Google si sente più una startup che un’enorme azienda”. Sarà, di certo il progetto è ambizioso come dimostra la presenza del Presidente esecutivo di Google Eric Schmidt e del sindaco di Berlino Klaus Wowereit all’inaugurazione di oggi.

Riprende, oggi, con la discussione generale l'esame in commissione Lavoro del Senato del ddl delega sul "Jobs act". La settimana scorsa si sono esaurite le audizioni di esperti e parti sociali. Il governo punta a chiudere l'esame del ddl in sede referente entro giugno, per arrivare al via libera di palazzo Madama prima della pausa estiva di fine luglio. In modo da consegnare il provvedimento alla Camera alla ripresa delle attività di settembre, per il via libera finale entro l'anno. Il ddl contiene cinque deleghe su ammortizzatori sociali, politiche attive, semplificazioni, riordino dei contratti e agevolazioni per la conciliazione vita-lavoro. I decreti delegati dovranno essere emanati entro sei mesi.

Per quanto riguarda le tutele per la conciliazione vita-lavoro, si punta a una ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell'indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici. Garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro; 

Coworking, fabLab, maker. Sono i nuovi job center dei professionisti del futuro, grazie al web. Un'indagine della Fondazione Ivano Barberini li ha contati.

Sono quasi trecento, sono giovani e forti e soni vivi e vitali. Sono le nuove fabbriche, i luoghi dove si fa innovazione. C’è un’Italia che lavora sottotraccia, che fa innovazione quotidiana e che si connette tutti i giorni con il futuro. C’è un popolo di partite Iva, free lance, artigiani digitali, prototipisti che si riunisce in luoghi comuni ma originali e crea lavoro e occupazione. E’ questo il fenomeno che passa sotto il nome del coworking, dei fabLab, dei maker e degli start upper. Sono i nuovi protagonisti del lavoro. Cambiano i luoghi, gli spazi, ma anche i profili, i modi di lavorare. Il coworking non è solo uno spazio fisico ma uno stile, fatto di condivisione di un ambiente di lavoro, con postazioni informatiche e una connessione veloce, dove si mantiene un’attività indipendente.Fine del taylorismo e avvio di un nuovo modo di lavorare? I coworker non lavorano per la stessa azienda, sono professionisti che solitamente lavorano da casa, liberi professionisti o free lance, che creano una comunità di coworking. FabLab deriva sa Fabrication laboratory, e non è né una fabbrica né una bottega artigiana, ma uno spazio in cui sono disponibili alcune tecnologie rappresentate solitamente da una macchina a taglio laser, una stampante 3D, una fresa a controllo numerico, una macchina per la prototipazione rapida. A censire queste nuove realtà con una mappatura e un’indagine di sfondo è la Fondazione Ivano Barberini, che ha censito 246 realtà: 191 coworking, 45 Fab Lab, 10 coworking comprensivi di Fab Lab. Al nord sono 150, al centro 59, al sud 37.  

Si candida a essere la più grande esperienza di lavoro agile in Italia. Oltre tremila dipendenti (3.100 per la precisione) con la possibilità di lavorare dal salotto. O da qualunque altro posto: l’appartamento della suocera, il parco davanti alla scuola, la casa di vacanza.

Parliamo del progetto appena varato da Vodafone Italia. L’azienda dà lavoro a settemila persone distribuite su otto sedi. Di queste, poco meno di 4.000 svolgono mansioni che non possono prescindere dalla presenza in un ufficio o in un centro assistenza clienti. Ma per tutti gli altri il lavoro agile oggi è una realtà.

«Ad aprile siamo partiti con la possibilità di lavorare da fuori ufficio due giorni al mese. A settembre faremo una verifica e valuteremo i risultati. Su quella base potremmo decidere anche di aumentare il numero di giornate in cui il luogo di lavoro è scelto dal dipendente», racconta Elisabetta Caldera, direttore risorse umane e organizzazione di Vodafone Italia. «Ci stiamo lavorando da diversi anni, inizialmente con progetti pilota. Poi ad aprile è arrivato il salto di qualità — continua Caldera —. Anche la nostra sede di Milano che ospita la maggior parte dei dipendenti è già stata pensata per lo smartworking, con spazi di lavoro connessi e condivisi. Siamo convinti in questo modo di poter raggiungere due risultati: un aumento della produttività del lavoro e migliori opportunità di conciliazione famiglia-lavoro per i dipendenti».

Continua a leggere su: La 27ma Ora - Rita Querzè