Welfare innovativo

Milano, martedì 2 Ottobre - ore 17,00/19,00
Camera di Commercio di Milano – Sala Consiglio Via Meravigli, 9/b

Quante sono le attività che un imprenditore compie o ha intenzione di compiere e che sono parte della Responsabilità Sociale (o CSR-Corporate Social Responsibility, secondo la definizione internazionale)? Secondo la nuova definizione di CSR data dalla Commissione Europea nel 2011, “un’impresa è responsabile per i propri impatti sulla società”.

Essere imprenditori responsabili implica quindi essere consapevoli dei legami esistenti tra la dimensione economica dell’impresa e quella sociale ed ambientale.

La Consigliera di parità della Provincia di Milano, avv. Tatiana Biagioni invita all' Inaugurazione della mostra itinerante “Donne al lavoro in Ricerca Scientifica e Sviluppo Tecnologico: volti ed esperienze di un progetto", realizzata nell’ambito del progetto “Donne al lavoro in Ricerca Scientifica e Sviluppo Tecnologico”, promosso in collaborazione con la Consigliera di parità della Provincia Monza Brianza e realizzato in collaborazione con AFOL Milano.


Maggiordomo, palestre, asili nido e lavanderie. E soprattutto, flessibilità. Negli orari, nei contratti di lavoro e anche negli stipendi. Per scovare esempi di welfare aziendale non serve arrivare fino alla Silicon Valley. Anche in Italia, piccole, medie e grandi aziende cominciano a darsi da fare per somigliare agli edifici colorati del Googleplex, il quartier generale di Google a Mountain View, sogno di tanti lavoratori vessati dallo stress d'ufficio. E ogni anno il Great Place To Work Institute seleziona anche per il nostro Paese le 25 migliori aziende in cui lavorare.

In 5 anni passato dal 3,5% al 25% il numero di chi ha fatto richiesta. La legge: bonus di 2 mesi se si congeda anche lui. Stanno con il bebè 7 ore al giorno e le donne tornano prima al lavoro.

A Berlino, il fine settimana, le strade e i parchi si riempiono di giovani famiglie. Padri, madri, bambini, carrozzine e passeggini invadono viali, negozi e giardini pubblici. È una città molto giovane, e questo si sapeva. Ma la differenza arriva dal lunedì al venerdì, quando le stesse famiglie scendono di nuovo in strada. Questa volta, però, con un'eccezione. Ci sono gli stessi bambini, le stesse carrozzine e gli stessi passeggini. E, spesso, gli stessi padri, magari con il biberon in mano. Mancano solo le madri, perché sono in ufficio o in fabbrica a lavorare. 
Impressioni? Coincidenze irripetibili di una città giovane e progressista? Non solo. In tutta la Germania la percentuale dei neopapà che prendono un congedo di paternità è schizzata dal 3,5% del 2007 al 16% del 2009 fino al 25% oggi. Le cifre - riportate in uno studio dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw) e rimbalzate sul quotidiano Berliner Zeitung - sono il risultato di una riforma messa in piedi cinque anni fa dall'allora ministro della Famiglia Ursula von der Leyen, madre di sette figli e oggi ministro del Lavoro. Il sistema lanciato nel 2007 prevede in linea di massima fino a 14 mesi (per figlio) di congedo genitoriale, in cui viene versato fino al 67% dello stipendio a chi accudisce il bambino. Padre o madre che sia, non fa differenza. Anzi, se alla fine è comunque solo la madre a restare a casa, il congedo si blocca al dodicesimo mese. Altrimenti, se anche il padre lascia il lavoro per la cameretta del bebé, allora si arriva ai 14 mesi. Forse è anche per questo - per quei 2 medi di «bonus» se interviene anche il papà - che il congedo medio maschile viaggia proprio tra uno e due mesi. Ma c'è chi (il 14%) va oltre e resta a casa dai tre agli otto mesi.