Notiziario tematico

Secondo una ricerca Istat sull'industria italiana le aziende vincenti durante gli anni di crisi sono state quelle che hanno saputo innovare e internazionalizzarsi. Ecco dieci statistiche che tastano il polso al sistema produttivo tricolore e raccontano le tendenze più significative emerse nei periodi di recessione.

Ha vinto chi ha saputo innovare processi e prodotti, connettendosi con altre aziende e andando a cercare i propri clienti lontano, sui mercati emergenti. Se necessario, anche aprendo stabilimenti all’estero. Ha perso chi si è intestardito nel tentativo di difendere le proprie quote di mercato con le armi tradizionali. È questo, in sintesi, il quadro del sistema produttivo tricolore che emerge dalla ricerca Istat “Chi vince e chi perde: l’industria italiana oltre la crisi, presentata al MIP Politecnico di Milano.

Ecco dieci numeri (e percentuali) tratti dal rapporto che meglio fotografano l’andamento del made in Italy durante questi ultimi anni di difficoltà.

Dopo gli interventi di Abirascid, Corbetta e Iozzia, il segretario di Italia Startup racconta cosa è emerso di positivo dagli Stati Generali. "Sono stati una prima volta. L'appuntamento è con il Global Entrepreneurship Congress 2015 a Milano".

Ho letto con interesse le preoccupazioni di Emil Abirascid, la risposta di Mattia Corbetta, le considerazioni del direttore di EconomyUp Giovanni Iozzia. E a quasi una settimana dall'evento posso tentare un bilancio sugli Stati Generali dell'ecosistema startup a MIlano. Ed è certamente positivo. Avendo partecipato, insieme a Stefano Firpo e a Mattia Corbetta, alla regia dell’incontro promosso da Italia Startup in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico posso dire senza tema di smentite, che l'evento è pienamente riuscito e che porta con sé prospettive davvero interessanti. Provo a spiegare perché.

Un modello di sviluppo professionale innovativo che ormai si definisce un “movimento”. Ma di cosa si tratta?

Nel mese di novembre Barcellona ha ospitato la terza edizione della conferenza internazionale Coworking Europe, un’occasione di incontro, confronto e formazione dedicata a tutti coloro che nel mondo gestiscono spazi di coworking. Ma di cosa si tratta esattamente? Opportunità di business, condivisione di spazi, scambio di idee. E persino welfare. Un modello di sviluppo professionale innovativo che ormai si definisce un “movimento”. Perché c’è un’idea imprenditoriale più ampia, dietro a quella che potrebbe sembrare semplicemente la scelta di utilizzare spazi comuni.

Il fenomeno del coworking nasce in Europa nei primi anni ’90 ma si sviluppa nell’arco del decennio successivo soprattutto negli Stati Uniti, per poi “tornare” nel vecchio continente in anni più recenti. Secondo il magazine Deskmag nel 2012 solo in Europa c’erano 878 spazi di coworking. A dimostrazione della diffusione del fenomeno, nel 2013 è nato il network americano Coshare: un’associazione di “luoghi - si legge nella presentazione del network - in cui le persone attraverso la condivisione degli spazi condividono le idee” nata per educare professionisti e aziende, organizzare eventi e workshop, e sensibilizzare gli amministratori locali circa i benefici di questa soluzione organizzativa. C’è poi il Coworking Wiki Project, un portale destinato a raccogliere informazioni utili e best practice aperto ai contributi di tutti i membri della community del coworking.

Patrizia Toia, Vicepresidente Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia del Parlamento Europeo: "150 miliardi per l'industria, la ricerca e l'innovazione: un sesto del bilancio europeo!"