Notiziario tematico

L'Istituto di statistica dell'UNESCO (UIS) ha recentemente presentato "Women in Science", strumento interattivo che consente di visualizzare i dati statistici sulle donne nel campo della ricerca a livello mondiale. I numeri mostrano quanto le donne siano ancora sottorappresentate in questo ambito in quasi tutti i Paesi del mondo.

Nonostante il numero crescente di donne iscritte all'Università, queste rappresentano solo il 30% dei ricercatori a livello mondiale; inoltre, poche di loro riescono ad accedere ai massimi livelli di carriera. Non mancano però alcune eccezioni interessanti, come il caso della Bolivia, dove le donne rappresentano il 63% dei ricercatori, una percentuale molto più alta rispetto a quella dell'Italia (35%), della Francia (26%) o dell'Etiopia (8%).

Women in Science consente anche di esplorare e confrontare il divario di genere lungo il  percorso scolastico e di carriera.

Riporto di seguito la traduzione dell’articolo a firma di Ariel Swartz, intitolato “The collaborative Economy is exploding, and brands that ignore it are out of luck”. Qui il testo originale.

La cosiddetta “economia collaborativa” sta avanzando, perché sempre più persone decidono di condividere i propri beni, servizi, fondi, trasporti e altro ancora. E i marchi che non si adatteranno presto a questo nuovo fenomeno rischiano di rimanere indietro.
Questo è il succo di “Sharing is the New Buying”, un’occhiata su larga scala a tutti i soggetti coinvolti nell’economia collaborativa. Una collaborazione tra il marchio Crowd Companies,Jeremiah Owyang, and Vision Critical, una piattaforma online dedicata alle comunità di consumatori. Una ricerca condotta tra più di 90.000 persone in Usa, Gran Bretagna e Canada, per capire come e perché le persone partecipano a questo movimento in continua crescita.

Da qualche giorno si rincorrono voci sulla conferenza stampa che si terrà nella nobile Università di Harvard lunedì 17 marzo, alle 17 italiane. Si parla di una scoperta molto importante, ma i responsabili del centro di astrofisica di quella Università che hanno indetto la conferenza non si sbilanciano.

Potrebbe però essere qualcosa di veramente grosso, a quanto si vocifera, ossia la scoperta del vagito, o forse l'urlo, dell'inizio dei tempi e dello spazio: il Big Bang. Lo avrebbero osservato al Polo Sud, con il telescopio a microonde Bicep, acronimo che in italiano significa bicipite. 

Vedendo l'Universo con quello non si scorgono né pianeti, né stelle né galassie, ma solo radiazione, la prima emessa dalla materia poco più di 300mila anni dopo il Big Bang, come ha fatto il satellite europeo Planck di cui si stanno ancora analizzando i dati estremamente complessi. Prima di quel tempo materia e radiazione erano talmente accoppiate che la seconda non riusciva letteralmente a essere emessa. Nessuna radiazione significa anche che nulla possiamo sapere di quel che c'era nell'Universo all'inizio, anche perché non c'è nulla che ci porti l'informazione. Niente postino, niente posta. La prima immagine che possiamo avere dell'Universo è quindi quella di quando aveva poco più di 300.000 anni, un'inezia rispetto ai 14 miliardi di anni che si stima sia la sua attuale età.

Guardando la mappa delle donne in politica nel 2014, appena pubblicata dall’Onu e dall’Unione interparlamentare, si notano progressi innegabili: la partecipazione femminile è in crescita sia nei parlamenti che nei governi. Ma resta anche il problema di sempre: le donne non sono ancora riuscite a infrangere il “soffitto di cristallo”, anzi nell’ultimo anno si è registrato un calo del numero di donne capo di Stato o di governo (da 19 a 18).

Concentriamoci per un attimo sulle buone notizie. 1) Il numero di donne parlamentari nel mondo ha raggiunto un record del 21,8%, e ci sono oggi 46 Paesi dove almeno il 30% dei parlamentari sono donne (inclusa l’Italia). 2) Ci sono progressi nei governi: 36 Paesi del mondo hanno degli esecutivi dove le ministre sono il 30%, inclusa l’Italia (la mappa fotografa comunque la situazione nel gennaio 2014). 3) Le ministre si occupano di istruzione, questioni sociali e pari opportunità ma anche, sempre di più, di difesa e affari esteri. 4) Se potessimo garantire un tasso di crescita della partecipazione femminile in politica dell’1,5% (come quello registrato dal 2012 al 2013), raggiungeremmo la parità di genere nei parlamenti in meno di 20 anni.