Welfare innovativo

NEW YORK - Dopo Meg Whitman, chiamata pochi giorni fa a salvare la Hewlett-Packard, Virginia «Ginni» Rometty alla guida di Ibm. «L'onda lunga delle donne entrate nelle corporation nei primi Anni 80 invade le stanze del potere» esultano i siti americani di management al femminile. Indra Nooyi di Pepsi, Ursula Burns della Xerox ed Ellen Kullman del gruppo chimico DuPont ora sono meno sole. La conquista di Ibm, secondo gruppo tecnologico d'America, superato per capitalizzazione solo dalla Apple, è una pietra miliare. Ma Birute Regine di Butterflies.com riporta tutti coi piedi per terra: «Le cose stanno cambiando ma troppo lentamente: solo il 2% delle 500 aziende dell'indice Fortune non hanno più un uomo alla guida».

Le mamme acrobate? Dilettanti. La nuova frontiera delle fatiche femminili si varca alla soglia dei cinquanta. Quando i figli - ventenni o giù di lì - sono ancora in casa, con addosso le camicie stirate dalla mamma e le gambe sotto il tavolo a pranzo e cena. I genitori, ormai ottantenni, tendono la mano bisognosi di aiuto e compagnia. E in ufficio un bel mattino il capo ti accoglie, spalleggiato dal rampante assistente nei suoi primi trent'anni:
«Siamo costretti a ridurre il personale, la tua posizione da domani non esiste più». Tradotto: arrivederci e grazie.

Lo chiamano «giacimento di Pil potenziale». È quella quota di crescita in più che l'Italia potrebbe esprimere e che viene invece abbandonata in una «miniera nazionale» di risorse e di stimoli mai davvero sfruttata.

Il calcolo lo ha presentato ieri Bankitalia: se raggiungessimo il traguardo fissato dal Trattato di Lisbona - un'occupazione femminile al 60 per cento - il nostro Prodotto interno lordo aumenterebbe del 7%. Un'elaborazione simile torna in uno studio di Confartigianato, dal titolo evocativo «Donne che resistono».

Se lavorate, tenete stretto il vostro posto. E, se avete una figlia, insegnatele, sì, a tenere in ordine la casa, ma spronatela soprattutto a essere economicamente autonoma.
Per una donna non c'è assicurazione migliore.
È quanto mi viene da dire dopo aver lavorato su separazioni e divorzi per scrivere il post che state leggendo. E lo dico con un qualche disagio avendo io molta considerazione per il lavoro femminile come valore in sé e anche rispetto per il matrimonio e per la fiducia nelle e tra le persone.
Penso che sia in corso una trasformazione profonda in tema di famiglia, con regole "tradizionali" nel momento del matrimonio e "all'americana" (non mi viene un termine migliore) nel momento della sua fine, ma senza le stesse regole Usa. Un po' quanto accade in parallelo nel mondo del lavoro. Non è un giudizio "bene/male", ma una constatazione per cercare di capire dove/quali correttivi è necessario adottare. Anche perché l'accelerazione è fortissima, ci si divide sempre di più e sempre prima: a dieci anni dalle nozze, erano ancora insieme 963,8 coppie su 1.000 di quelle sposate nel 1972, ma solo 877,5 di quelle sposatesi nel 2000.