Notiziario tematico

Presentazione del bando: 26 maggio, ore 15.00
Palazzo Turati - Sala Conferenze - via Meravigli 9/B, Milano
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A chi
Micro, piccole e medie imprese, con sede legale e/o sede operativa nella provincia di Milano, che si aggregano in rete

Finalità del bando 
Finalità del Bando è sostenere sia la creazione sia il consolidamento delle reti d'impresa tra le micro, piccole e medie imprese della provincia; saranno sostenuti i progetti di rete innovativi, in grado di ampliare e migliorare l'offerta di beni e/o servizi capaci di accrescere l'attrattività e la competitività del territorio in vista dell'evento Expo, negli ambiti d'intervento di seguito indicati:

  • PRODOTTI/SERVIZI: Interventi mirati ad ampliare e innovare l'offerta di beni e servizi a disposizione, in occasione dell'EXPO
  • RICETTIVITÀ E SMART CITY: Interventi mirati a migliorare, in vista di EXPO, la ricettività, l'attrattività e la vivibilità del territorio

Da venerdì 15 maggio il decreto Poletti è legge. Il dibattito sul provvedimento per il rilancio dell’occupazione resta aperto: da una parte il plauso delle imprese per cui il decreto amplia le possibilità di una flessibilità "buona", dall’altra i timori dei sindacati per una maggiore precarizzazione nei contratti. Da qualsiasi prospettiva lo si voglia guardare, il decreto Poletti supera la legge Fornero, in alcuni dei suoi principi cardine. Ecco cosa cambia. 

I contratti acausali 
La novità più grande riguardante i contratti a termine è l’eliminazione dell’obbligo, per le aziende, di inserire la motivazione per cui l’azienda ha fatto ricorso a un contratto a tempo indeterminato. Se prima occorreva enumerare le ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive che rendevano legittima l’apposizione di un termine al contratto con il dipendente, ora quest’obbligo decade. I contratti acausali, inoltre, potranno essere rinnovati fino a 36 mesi e non più, come con la legge Fornero, fino a 12 mesi: i rinnovi potranno essere fino a un massimo di 5.  

La scienziata Fabiola Gianotti, al fattoquotidiano.it, parla del futuro del Centro europeo per la ricerca nucleare, della cattura del bosone di Higgs e delle altre particelle nel mirino. "Purtroppo gli scarsi fondi e il precariato, una delle piaghe del nostro sistema, penalizzano soprattutto i giovani, spingendoli ad abbandonare la ricerca o emigrare all’estero. Non sostenere la ricerca significa tradire l’essenza stessa della natura umana".

Festeggia i suoi primi 60 anni di attività riprogettando il proprio futuro. Più di mezzo secolo di scoperte, che hanno permesso di estendere i confini della conoscenza sulla natura più intima della materia e sui primi vagiti dell’universo. L’ultima, che ha fatto il giro del mondo, la cattura dell’inafferrabile bosone di Higgs, premiata lo scorso anno con il Nobel per la fisica. Protagonista di questo traguardo uno dei centri di ricerca più importanti del mondo, il Cern, Centro europeo per la ricerca nucleare di Ginevra. Una sorta di Nazioni Unite della scienza. Un luogo in cui si possono ascoltare molte lingue e dove si confrontano ogni giorno circa 10mila studiosi di più di 100 Paesi, la maggior parte giovani menti. Fanno funzionare Lhc (Large hadron collider) e i suoi esperimenti. Si tratta dell’acceleratore di particelle più potente del mondo, una pista magnetica di 27 chilometri di lunghezza in cui, a 100 metri di profondità, si scontrano particelle spinte a velocità prossime a quella della luce. In questi mesi Lhc è in manutenzione, in attesa della sua riaccensione, il prossimo anno, alla massima energia. Il grande collisore di protoni ginevrino non è giunto ancora a metà del suo lavoro che, intanto, al Cern si discute già del suo pensionamento e dei possibili successori. 

Abbiamo chiesto di raccontarci quali sfide attendono gli scienziati dopo Lhc e quali scenari si aprono nella fisica fondamentale in seguito alla scoperta della cosiddetta “particella di Dio” a Fabiola Gianotti. Inclusa nel 2012 dalla rivista Time fra le cinque personalità dell’anno, la studiosa italiana è stata da pochi mesi nominata tra i 26 scienziati del Comitato scientifico consultivo delle Nazioni Unite voluto dal Segretario generale Ban Ki-moon, dopo aver coordinato per anni il gruppo di 3000 scienziati di ATLAS, uno dei due esperimenti, grandi come cattedrali, che hanno permesso d’imbrigliare la particella di Higgs. 

Mancanza di fiducia in se stesse, blocchi psicologici e i soliti sensi di colpa: così le donne riescono ad auto-sabotarsi al lavoroanche se non lo sanno. Un’auto-convinzione che le porta spesso a rinunciare ad ogni ambizione e a dedicarsi in modo esclusivo ai figli e alla casa. Il gender pay gap è una realtà che le donne che lavorano conoscono bene ma c’è un altro divario con cui adesso fare i conti: il confidence gap. Lo rivela un sondaggio dell’Istituto SWG che prende spunto dal bestseller di due giornaliste americane “The confidence code”. Il libro mette in luce come le donne, a causa della scarsa fiducia riposta nelle loro capacità, siano in grado di auto-sabotarsi sul lavoro, alimentando in un circolo vizioso e insuperabile il divario esistente nei confronti dei loro colleghi maschi.

Dito puntato però verso la società “maschilista” che a chi si mostra troppo assertivo e conciliante non concede attenzione: lungi dal pensare quindi che si tratti di un difetto personale e intrinseco alle donne. Il sondaggio, condotto su un campione di 400 donne italiane tra i 18 e i 64 anni, prevede diverse domande accomunate da un unico filo conduttore: esistono blocchi psicologici tutti “al femminile”, in grado di auto-sabotare le donne al lavoro? Ecco i risultati.