Notiziario tematico

Conciliazione, carriera, studio: su cosa si fonda una carriera di successo? Cinzia Sasso intervista Alessandra Perrazzelli, Country Manager di Barclays Bank, ovvero la prima donna banchiere in Italia. E con lei parla di donne&lavoro, di come riuscire a costruirsi una vita privata senza sacrificare la carriera. Tra consigli utili ed esperienze personali, con uno sguardo all'Europa, quella di Perrazzelli è una analisi lucida della nostra società che evidenzia i punti su cui l'Italia deve ancora lavorare per raggiungere finalmente una vera parità tra uomini e donne. Ci riuscirà? Siamo pronte a scommettere di si.

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Mancano esattamente 365 giorni all'Expo di Milano. Quella del rilancio economico della città e del Paese. Quella per la quale siamo in ritardo e ci vogliono i poteri speciali. Quella a basso impatto ambientale. E quella a rischio infiltrazioni della malavita organizzata.

Sarà un'Esposizione universale da record? Dipende. I primati degli altri da battere sono tanti. Cominciamo  da Shanghai 2010.

Inarrivabile, dal punto di vista dei visitatori: secondo il Bie, il Bureau International des Expositions, 73 milioni di persone hanno passegiato tra i padiglioni di Shanghai. Il record di sempre. Chi ci è andata più vicina è l'Expo di Osaka, Giappone 1970: 64 milioni di visitatori. Dove si collocherà Milano? Si avvicinerà almeno all'Esposizione universale di Bruxelles del 1958, che contò 41 milioni di visitatori? I precedenti italiani non sono di buon auspicio: Genova 1992 fu vista da solo 1,7 milioni di persone. Persino la prima Esposizione universale della storia, quella del 1851 a Londra, a dispetto dei mezzi di trasporto e delle possibilità economiche dell'epoca, fece meglio: i milioni di visitatori allora furono 6.

Aumentare l’occupazione femminile gioverebbe all’economia, soprattutto in Italia dove la situazione è arretrata. Secondo l’Ocse il reddito pro capite aumenterebbe per tutti di un punto percentuale l’anno. Ok, ma da dove cominciare per raggiungere l’obbiettivo? Ecco qualche spunto.

«Il vostro è uno dei Paesi della zona Euro che incoraggiano meno la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Un cambiamento di rotta, a parte ogni considerazione di progresso sociale, potrebbe avere effetti benefici sulla produzione di reddito aggiuntivo e, quindi, sull’uscita da un periodo di stagnazione». A bacchettare l’Italia sul tema del lavoro femminile è stata Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 4 aprile scorso. Le dichiarazioni di Lagarde hanno avuto una certa risonanza e il giorno dopo, sullo stesso giornale, un articolo di Maurizio Ferrera ricordava che se al Sud le cose vanno peggio, nel confronto internazionale «anche in regioni relativamente ricche e sviluppate come l’Emilia Romagna o la Lombardia il tasso di occupazione femminile resta più basso rispetto alle aree con cui queste regioni dovrebbero confrontarsi». Il problema non è un diverso atteggiamento delle italiane rispetto al lavoro retribuito, osserva Ferrera, quanto l’insieme di ostacoli frapposti alla realizzazione di un normale progetto di vita: avere un lavoro e crescere dei figli. Se però l’Italia riuscisse a colmare il divario che separa il tasso di partecipazione femminile da quello maschile, il Pil aumenterebbe in modo considerevole, dando un impulso alla crescita e alla creazione di occupazione per tutti.

Metà dei lavori di oggi spariranno nel giro di vent’anniA dirlo è una multinazionale dei mass media come AOL, e non è un’affermazione estemporanea: già nel 1999 il Department of Labor americano sosteneva che il 65% degli studenti delle scuole superiori si sarebbero ritrovati a fare lavori che ancora non c’erano. È invece la MIT Technology Review a spiegare come nei prossimi vent’anni verrà automatizzato il 45% dei lavori oggi esistenti in America, cominciando da trasporti, logistica e amministrazione.

I lavori nuovi saranno quelli che richiedono empatia, creatività, capacità di negoziazione… tutti campi che un’intelligenza artificiale, per quanto sofisticata, non riesce a padroneggiarescrive Massimo Gaggi su La Lettura del Corriere della Sera. E aggiunge che la transizione sarà lunga e dolorosa.
Gaggi segnala tre altre cose interessanti. La prima: i computer svolgono bene compiti anche complessi ma ripetitivi, e dunque si salveranno i lavori manuali, dall’infermiere all’idraulico, che prevedono alti livelli di imprevedibilità e di variabilità ambientale (invece, per esempio, le case potrebbero essere stampate in un giorno da una macchina invece che costruite mattone sopra mattone da esseri umani).