Notiziario tematico

Gli storici mattoncini restano protagonisti del mercato in barba all'evoluzione tecnologica. Merito della capacità di innovare.

I pazienti lettori scuseranno l’estensore di questa nota se oggi l’argomento sembra lontanissimo dall’era digitale e affondato nell’analogico che più vintage non si può: le costruzioni Lego. I mattoncini danesi di plastica - ormai l’azienda di giocattoli più redditizia del pianeta, anzi della galassia, dopo avere superato Mattel e Hasbro - sono oggi protagonisti dell’entertainment in epoca digitale.

Hanno negozi bellissimi, come quello del Rockefeller Center a Nyce aprono nel mondo parchi a tema, i “Legoland”: a Billund, ovviamente in Danimarca, in Baviera (Gunzburg), Gran Bretagna (Windsor), Malesia (ma proprio davanti a Singapore), uno in Florida e uno in California, in competizione con quelli della tedesca Playmobil. Ad essi ho dedicato un capitolo del mio recente “Entertainment” edito dal Mulino: YouTube è pieno di “sacre rappresentazioni” fatte con il Lego, la bandiera di Iwo Jima, scene della Bibblia oltre a un canale di video Lego. Sugli schermi c’è adesso The Lego Movie e il cerchio sembra chiudersi, ma c’è molto di più. Tutto comincia nel 1999, quando, grazie al licensing, Lego introdusse le icone di Darth Vader e Batman.

"A un certo punto della mia vita ho concluso che la mia forza era quella di essere una donna". Anna Maria Tarantola cita la cantante francese Juliette Greco al termine del suo discorso di apertura della due giorni organizzata dalla Rai in occasione della settimana della festa della donna: "Donna e'...". Il suo intervento non poteva non richiamare la sua formazione in Banca d'Italia, con accenti particolari sugli aspetti economici delle questioni di genere: "In Italia, nonostante gli indubbi progressi, significativi sono i divari da superare: il tasso di occupazione femminile e' nettamente inferiore a quello maschile, sopratutto nel Mezzogiorno, e lontano dall'obiettivo di Lisbona; le donne sono sovrarappresentate nelle posizioni lavorative meno remunerate e con minore contenuto professionale".

La presidente della Rai ha sottolineato come il glass ceiling non e' stato ancora infranto, nonostante si convenga che una maggiore diversity ai vertici delle imprese ne migliori i risultati economici e le loro strategie di lungo periodo. Tarantola da' poi degli indirizzi di azione per cambiare lo stato delle cose. 

Il più grande innovatore della storia è stato Thomas Alva Edison, inventore della lampadina; segue Steve Jobs, numero uno dell’informatica; terzo Alexander Bell, noto per aver rubato l’idea del telefono ad Antonio Meucci. Lo rivela una ricerca del Mit pubblicata un paio di settimane fa. Se non vogliamo crogiolarci nella sindrome di Meucci (la malattia di chi dice che noi siamo bravi, ma ci rubano le idee), per uscire dalla classifica europea degli innovatori moderati e sbarcare nell’Olimpo dei leader innovativi, dobbiamo darci una mossa. Soprattutto chiarendo che cosa significa innovazione. Innovare si può anche senza nuove tecnologie. Non è solo una questione di hardware e software. L'innovazione è anche sociale, organizzativa, relazionale, finanziaria. Le tecnologie aiutano ma non sono tutto. Come rilevano i parametri del rapporto sul Quadro di valutazione dell'Europa dell'Innovazione 2014, ciò che conta sono le persone, la qualità del capitale umano e un ambiente fecondo. Negli studi sui maggiori gruppi creativi, molti italiani, oltre alla qualità dei talenti, un ruolo determinante è il gruppo, fare squadra.

A confronto i sistemi di welfare di 11 città europee per comprendere meglio come e quanto pesa la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
 

Impact of Local Welfare Systems on Female Labour Force Participation and Social cohesion (FLOWS) è un progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del VII programma quadro. Il coordinatore del progetto è Per Jensen dell’Università di Aalborg in Danimarca, a cui si affiancano altri dieci università e un’organizzazione NGO come la Croce Rossa Danese. Le università coinvolte sono: l’università di Amburgo (Germania), l’università autonoma di Barcellona (Spagna), l’università di Jyväskylä (Finlandia), il Trinity College di Dublino (Irlanda), l’università Masaryk di Brno (Repubblica Ceca), la Central European University di Budapest (Ungheria), l’università di Tartu (Estonia), l’università di Leeds (Regno Unito), la maison des sciences de l’homme Ange-Guépin di Nantes (Francia). Il partner italiano è il Laboratorio di Politiche Sociali del Dastu / Politecnico di Milano, che annovera nel suo gruppo di lavoro Roberta Cucca e Lara Maestripieri oltre al responsabile scientifico Costanzo Ranci. Il progetto è iniziato a gennaio 2011 e terminerà ad aprile 2014.

Il principale obiettivo del progetto FLOWS è analizzare come i sistemi locali di welfare in 11 città europee influenzino la partecipazione femminile al mercato del lavoro e come questa di conseguenza si ripercuota sul corso di vita di uomini e donne, sulla struttura delle diseguaglianze, sulla coesione sociale e sulla sostenibilità del modello sociale europeo. Per raggiungere questo obiettivo, l’attenzione dei ricercatori FLOWS si è concentrata principalmente su due servizi considerati strategici per la partecipazione femminile al mercato del lavoro: l’assistenza agli anziani non-autosufficienti e i servizi all’infanzia.