Notiziario tematico

Il capitale umano, prima del film bello e profondo di Paolo Virzì, nessuno sapeva cosa fosse.Tranne gli assicuratori: è il valore finanziario della morte. Quello che lasci a chi lasci dopo che te ne sei andato, sempre che tu abbia stipulato una polizza sulla vita.

La cosa più triste è vedere che anche in questo caso, l'estremo dei casi, non siamo tutti uguali. Anche qui, le donne hanno di meno, valgono di meno.

Ogni italiano ha un cartellino col prezzo: 342mila euro. Ma il nostro peso finanziario, in quanto nate donne, si riduce della metà. C'entra la nostra prospettiva professionale, quanto riusciamo a guadagnare, quali ruoli dirigenziali riusciamo a ricoprire. Quanto le nostre carriere sono interrotte dalla maternità e dalla cura della famiglia. Senza che ci sia la vera possibilità di scegliere o di coniugare lavoro e privato.

Faccio questa premessa perché ora le condizioni per un cambiamento coraggioso ci sono e proprio con la stessa forza con cui è stata condotta la battaglia sulla rottamazione va portato a casa il risultato sulla parità di genere. Renzi ha fatto il primo governo paritario della storia di questo Paese, con ministre donne che ricoprono incarichi importanti e tipicamente maschili: penso alla Difesa o allo Sviluppo Economico.

Perchè il lavoro agile stenta a divenire una prassi comune? In questa puntata di Adaptability prova a sciogliere l'arcano Francesca Sperotti, ADAPT Research Fellow.

È ormai opinione diffusa che il lavoro agile, il lavoro che non richiede una postazione fissa in un ufficio grazie all’uso diffuso delle più moderne tecnologie mobili, sia in grado di generare dei vantaggi a favore di aziende, lavoratori e città.  Le prime sarebbero in grado non solo di migliorare la propria immagine e rafforzare il fattore di engagement e inclusione del proprio personale, ma anche di disporre di un vantaggio economico derivante da una diminuzione dei costi di gestione, locazione e consumo energetico. Per i lavoratori, invece, vi sarebbe una maggiore libertà di scegliere “come, dove e quando” lavorare che, a sua volta, favorirebbe una migliore conciliazione vita-lavoro e un risparmio del tempo normalmente impiegato per raggiungere l’ufficio. Le città ne beneficerebbero in termini di minori livelli di inquinamento atmosferico e del traffico urbano ed extraurbano.

Tuttavia, questo nuovo modo di lavorare fatica a diventare prassi comune.

Accanto a un quadro giuridico che non riesce a seguire i continui cambiamenti del mondo del lavoro – si veda il caso del mancato decollo del telelavoro (L. Serrani, Nella prassi le ragioni del mancato decollo del telelavoro, ADAPTability/5), è possibile individuare almeno due ostacoli che spiegherebbero questo lento passaggio verso un nuovo modo di lavorare – definito Smart Working (si legga Marco Minghetti, Una legge per lo Smart Working: conversazione con Alessia Mosca e Michele Tiraboschi) – che riguarda non solo i mezzi tecnologici, ma anche e soprattutto gli aspetti di natura organizzativa e gestionale.

In primo luogo, lo stereotipo comune secondo cui il lavoro agile sia meno produttivo perché caratterizzato da una serie di difficoltà che renderebbero più difficile la gestione dei lavoratori in modalità virtuale, soprattutto quando si tratta di creare un rapporto di fiducia, generare sinergia, ridurre il senso di isolamento, valorizzare le competenze interpersonali e misurare la performance.

Solo il 9% degli sviluppatori di app è donna. Ed è di sesso femminile solo il 19% dei manager Ict. Ma la tecnologia rappresenta il futuro e il commissario Ue sprona il gentil sesso a darsi da fare. Via a una pagina Facebook e a un canale YouTube dedicato alle donne che già lavorano nel settore.

C'è qualcosa che manca nell'economia digitale europea: le donne. In Europa, solo 9 sviluppatori di app su 100 sono donne; sono donne solo il 19% dei manager dell'Ict  (contro il 45% nelle altre aziende dei servizi) e solo il 19% degli imprenditori dell'Ict (contro il 54% delle altre aziende dei servizi); meno del 30% di chi lavora nell'Ict è donna; e solo il 3% dei laureati donna ha scelto le materie informatiche, contro il 10% degli uomini, e la percentuale è in calo.

Un divario di genere troppo marcato che spinge la Commissione europea a lanciare una campagna per scovare e celebrare gli esempi di donne che hanno successo nel mondo delle Ict e che possono costituire un modello e uno stimolo per le giovani che studiano e intraprendono la loro carriera oggi. La Commissione invita le donne (ma anche gli uomini) a creare dei video che siano di ispirazione per altre donne e a condividerli sull'apposita pagina Facebook "Every Girl Digital" e sul canale You Tube per raccontare la loro personale "digital success story" .

Stranieri e disabili hanno più difficoltà a trovare un impiego. Le denunce soprattutto al Nord.
 

In un momento di crisi, il lavoro non piove certo dal cielo. Se poi, oltre alla crisi, un candidato viene anche discriminato perché è troppo giovane o troppo anziano, o perché è omosessuale, la frittata è fatta. Secondo i dati raccolti dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, seppure in diminuzione rispetto al 2012, nel 2013 la percentuale di discriminazioni in un contesto lavorativo rimane comunque alta (16%), al terzo posto dopo mass media (26,2%) e vita pubblica (21,1%). E avviene soprattutto per via dell’età.

«Dalle notizie che arrivano dal nostro contact center», dice Marco Buemi, referente dell’Unar, «il mondo del lavoro è sempre stato un ambito di forte discriminazione». Eppure, rispetto allo scorso anno, c’è stato un dimezzamento delle denunce, dal 35 al 16 per cento sul totale. Il perché lo spiega Buemi: «Il 2012 è stato un anno nero, e questo si può spiegare con l’aumento delle denunce nel mondo pubblico, essendo in vigore ancora regi decreti del 1935 che vietano alle persone straniere la possibilità di partecipare ad alcuni concorsi nell’ambito dei trasporti pubblici o del settore infermieristico. C’è stata una forte propensione a denunciare, che ha portato a raddoppiare il numero delle denunce totali nel mondo del lavoro rispetto al 2011. Ma la diminuzione di quest’anno si può spiegare anche con il lavoro di numerose associazioni e organizzazioni che sul territorio si sono fatte promotrici di concrete azioni positive di integrazione e sensibilizzazione nel mondo del lavoro». In ogni caso, «si tratta di una questione di pesi e di misure. Diminuisce la percentuale di denunce sul lavoro, aumenta quella sui mass media». Il numero più alto di denunce, oltre il 65%, arriva dal Nord Italia. Questo perché, spiega Buemi, «il mondo del lavoro dell’Italia settentrionale, maggiormente inquadrato nella regolarità, risulta più sensibile. Al Sud invece, in un mercato del lavoro anche più colpito dalla crisi, esistono maggiori irregolarità e le persone denunciano molto meno».