Notiziario tematico

Nelle ultime settimane si sta discutendo su una proposta di legge sul telelavoro, firmata da Alessia Mosca (Pd), Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc): si tratta insomma di un proposta definibile bipartisan, espressione della attuale maggioranza di governo.

Il potenziale innovativo di questa proposta è interessante, a partire dalla terminologia utilizzata (smart working, anziché telelavoro) fino ai contenuti veri e propri, che sono una sfida per le imprese ed i lavoratori. Ma qual è la situazione attuale in Italia in materia di smart working? C’è davvero bisogno di una nuova normativa di settore, oppure l’Italia è già avanti da questo punto di vista?

Purtroppo, la situazione italiana in materia di telelavoro non è certo entusiasmante. Quando si tratta di settori innovativi, il bel paese è notoriamente arretrato ed anche in questo caso siamo tra gli ultimi in Europa: terz’ultimi per la precisione, al venticinquesimo posto su ventisette paesi. A rivelarlo è una ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che mostra tuttavia come anche nel nostro paese la situazione sia tutt’altro che statica.
Certo, siamo fanalino di coda dell’Europa anche in questo specifico settore, ma la ricerca mostra un certo dinamismo.

Una nuova tassa sta per abbattersi sull’hitech. A essere colpiti saranno smartphone, tablet, computer fissi e mobili. Ma anche chiavette Usb, hard-disk esterni, TV con funzione di registratore e decoder. In pratica tutti i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali.
La tassa va da 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet che saranno acquistati in futuro fino a toccare 40 euro per i decoder con memoria interna da 400 GB. Inoltre la tassa è gravata della nuova aliquota Iva al 22%

Etimos Foundation quattro anni fa ha iniziato a sviluppare progetti di microcredito anche nel nostro Paese. Dopo i successi di alcune iniziative realizzate in Abruzzo ed Emilia nelle fasi successive ai terremoti del 2009 e del 2012, la fondazione ha scelto di costituire un operatore finanziario specializzato per meglio rispondere ai nuovi bisogni emersi nel corso della crisi.
Dopo anni di attività internazionale, la fondazione ha deciso quindi di diventare investitore e incubatore di Microcredito per l’Italia (MxIT), un’impresa sociale specializzata in microcredito riconosciuta come intermediario finanziario dalla Banca d’Italia.
 Oltre a offrire competenze finanziare specialistiche, Microcredito per l’Italia ha impostato la propria struttura operativa in modo da cogliere meglio i bisogni di chi necessita microprestiti, a cui ovviamente non possono essere applicati i normali parametri di bancabilità. Il modus operandi prevede in particolare la creazione di partnership con i soggetti economici e sociali che più si prestano alle situazioni contingenti

Le imprese tedesche sono i maggiori acquirenti di aziende italiane: come ha riportato il Financial Times sono ben 23 le Pmi italiane passate in mani tedesche nel 2013, dopo le 20 acquisizioni registrate nel 2012.
In alcuni casi, il quartier generale è già stato discretamente trasferito dall'Italia alla Germania. Il perché lo spiega Carlos Mack, legal adviser di Lehel Invest Bayern, gruppo di private equity specializzato nell'espansione delle Mittelstand, le Pmi tedesche. «L'obiettivo è quello di spostare gli asset più di valore (marchi, brevetti, management, liste di clienti) lontano dall'Italia, dove è più facile trovare finanziamenti da banche non italiane». È ovvio infatti, continua Mack, che i tedeschi non sono interessati all'asfittico mercato italiano «ma ai prodotti delle Pmi tricolori e al fatto di collocarli da qualche altra parte». Spesso le Mittelstand finiscono insomma per acquisire i loro subfornitori italiani, che lavorano benissimo e sono molto apprezzati a nord delle Alpi, ma che stanno attraversando una lunga fase di difficoltà.