Notiziario tematico

L’«augmented reality» amplia gli orizzonti d’uso. Oggi lo smartphone, entro l’anno le lenti a contatto

Anche senza avere la sfera di cristallo una previsione si può fare senza azzardo: entro la fine del decennio la realtà aumentata avrà cambiato il modo in cui guardiamo il mondo. Questo sistema, infatti, permette di aggiungere alla nostra visione tradizionale una serie di informazioni che espandono la conoscenza di quello che stiamo osservando. La percezione della realtà viene così «aumentata» attraverso oggetti virtuali e dati che possono essere fruiti in tempo reale. Ad esempio mentre siamo in auto il parabrezza si può trasformare in un visore per comunicarci la distanza che manca alla nostra destinazione finale, il costo della benzina applicata dal prossimo distributore, la presenza di lavori in corso o di uno svincolo pericoloso, il tutto mentre continuiamo a guidare osservando la strada davanti a noi.

 

Sono le parole di Elena Tremoli, classe 1945, dal 1° luglio nuovo direttore scientifico del centro cardiologico Monzino di Milano (come mostra il video qui sopra). L’ho intervistata oggi per il Corriere della Sera perché solo altre due donne in Italia sono riuscite ad arrivare ai vertici della ricerca di uno dei 45 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs). Una scalata femminile insolita condivisa solo con Paola Muti dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma e con Maria Grazia Roncarolo dell’ospedale San Raffaele di Milano.

 In molti ambiti scientifici, nonostante l’elevato numero di laureate, le donne presenti sono ancora poche. La Notte rosa ha dedicato spazi di riflessione a questo tema

di Serenella Molendini*

Solo il 25% dei ricercatori è donna, secondo il dato fornitodall’Annuario Scienza e Società del 2009, che sottolinea come i cervelli in rosa paghino anche in termini retribuitivi, dal momento in cui, a parità di titolo di studio, si registra un gender pay gap del 10% e che questo tende ad aumentare nel corso della carriera, arrivando a raggiungere il 33%. Le note criticità relative all’accesso e permanenza nel mercato del lavoro per le donne investono in pieno il settore della ricerca, caratterizzata da una drammatica sottorappresentazione delle donne in alcuni settori occupazionali della ricerca scientifica, in particolare nei settori a più alta tecnologia. In molti ambiti scientifici, nonostante l’alto numero di laureate, le donne presenti sono ancora poche, e pochissime quelle in ruoli gerarchici elevati.

Secondo la ricerca della Fondazione Istituto Neurologico Besta sullo stato vegetativo in Italia, i ‘caregiver’ sono per il 70 per cento donne oltre i 50 anni. Persone che non conoscono più tempo libero e vita privata.


Sono donne mature, al di sopra dei 50 anni, a cui il lavoro di cura di un parente in stato vegetativo mangia tutto il il tempo residuo della loro vita. L’universo femminile, stando alla ricerca della Fondazione Istituto Neurologico Besta sul coma in Italia, è il pilastro di un’assistenza che, nel nostro Paese, viene garantita a macchia di leopardo e con poco personale specializzato.

Le donne sono il 70 per cento dei ‘caregiver’, i datori di cure, sia a casa che nei centri specializzati. “Per quanto riguarda l’assistenza agli adulti – ha spiegato la coordinatrice del progetto, Matilde Leonardi – è importante sottolineare che il 49 per cento lavora, il 24 per cento è pensionato e il 23 per cento è casalingo”.