Notiziario tematico

Le nomine degli amministratori delegati (ad) delle aziende pubbliche sembrano complessivamente delle buone nomine: sono leader con risultati comprovati e in metà dei casi si tratta di manager provenienti dall’interno che, per aziende che non hanno problemi, è una buona regola.

Più controversa sembra essere la nomina delle presidenti, secondo la rigida applicazione di una quota di 50-50, dove gli uomini fanno gli ad e le donne le presidenti. Senza entrare nel merito della qualità delle prescelte , un messaggio è emerso però ben chiaro «dato che da sempre in Italia i presidenti contano poco (e quindi devono essere pagati poco) e le nomine importanti sono quelle degli ad, le donne fanno i presidenti e gli uomini gli ad».

Non servono le leggi per le donne. Piuttosto bisogna pensare alle donne mentre si fanno leggi. Tutte le leggi. Può sembrare un paradosso, ma a volte per essere equi è necessario fare qualche differenza. Ieri la commissione lavoro della Camera ha emendato il decreto sul lavoro del ministro Giuliano Poletti nella parte che riguarda i contratti a termine. Il tutto per evitare di penalizzare le donne che restano incinte mentre sono assunte a tempo determinato.

Va ricordato che oggi i contrattisti a termine che hanno lavorato almeno sei mesi per una certa azienda hanno diritto di precedenza in caso l’impresa decida di fare assunzioni nella stessa mansione. Con la normativa passata ieri, di fatto è stata introdotta una “superprecedenza” per le dipendenti a termine che sono diventate mamme. Nel caso fortunato in cui l’azienda potesse stabilizzare qualcuno, si dovrà partire proprio dalle neomamme. Un vantaggio giustificato. Oggi le donne con contratto a termine rimandano la maternità nell’attesa di una stabilizzazione. Sanno che difficilmente il contratto sarà rinnovato a chi nel frattempo diventa mamma. Bilanciare una normativa che agevola i contratti a termine mettendo sul piatto un incentivo all’assunzione delle neomamme è più che sensato.

L’energia del sole puó arrivare anche dalla sabbia! Pare che per accumulare calore la sabbia risulti un materiale praticamente perfetto.

L’innovativa idea è tutta di marca italiana, per la precisione del gruppo Magaldi, che nei dintorni di Salerno, insieme al CNR ha sperimentato con successo un sistema che utilizza i letti fluidizzanti nel solare a concentrazione, per produrre appunto corrente. Il progetto, denominato ‘Solare Termoelettrico Magaldi’ (STEM) ha superato la fase di prova, con test per 2.000 ore di funzionamento e una capacità di produzione di 100-150 kilowatt.Veniamo al principio di funzionamento. Questo sistema adotta una tecnologia “a torre”, incentrata su una serie di specchi montati su telai eliostati, che seguono il percorso del sole durante l’arco della giornata. Risultato? Un’elevata concentrazione di radiazioni raggiunge il ricevitore di calore, dove si raggiungono alte temperature, come quelle delle centrali a combustili fossili.

E' in  pieno corso la call di Working Capital: da questa verranno individuate quaranta startup che parteciperanno al programma di accelerazione 2014 nei co-working di Milano, Bologna, Roma e Catania.

Le startup selezionate inizieranno a Luglio un programma operativo di lavoro che si completerà a fine Ottobre, con in tasca un assegno da 25.000 euro e l’accesso ai diversi benefit di Working Capital: albo fornitori, fondo seed, accesso alla rete di partner e investitori del programma.

Nelle scorse settimane, ho partecipato ad un dibattito su Facebook, in cui il punto era questo: “si, bello WCAP, ma cosa ci si può fare con 25.000? Come si può pensare di far partire una startup significativa con meno dello stipendio di una persona?”

Vero. In effetti non è con 25.000 euro che si può fare una azienda ed in effetti, non è questo lo scopo del programma.

Come dice giustamente Steve Blank, bisogna innanzitutto partire da una considerazione di base. Abbiamo sbagliato per anni, nel pensare che una startup fosse la versione mignon di una grande azienda. Per una semplice ragione: l’azienda è un’organizzazione che conosce il proprio modello di business ed esegue un piano sulla base di questa consapevolezza. Una startup invece è un’organizzazione temporanea che è alla ricerca di un modello di business, ripetibile e scalabile. E – aggiungo io – in quel caso diventa anche un interessante oggetto di investimento finanziario.